(di Valeria Cianciolo – Sez. Ondif di Bologna)
L’ingresso del minore e dei genitori adottanti nel territorio nazionale realizza l’evento giuridico che deve essere considerato come momento di inizio del definitivo inserimento all’interno del nucleo familiare, mentre tale situazione non può dirsi giuridicamente presente nelle fasi antecedenti, pur se è già avvenuto il contatto umano che non è venuto meno nel tempo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3827/2014 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati A.C., V. T., V. S.;
– ricorrente –
contro
B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, xxxxx, presso lo studio dell’avvocato R. M., che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 838/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 06/08/2013 R.G.N. 694/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/03/2019 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato V. S.
Svolgimento del processo
1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 838/2013, ha accolto l’appello proposto da B.A. nei confronti dell’INPS avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la sua domanda tesa ad ottenere il congedo parentale per astensione facoltativa per il periodo 27 dicembre 2010 – 20 febbraio 2011 relativa all’adozione, unitamente alla moglie, di un minore cittadino polacco di cui il Tribunale rionale di Wolsztyn aveva disposto l’inserimento in famiglia dal (OMISSIS) e l’adozione con decreto del 12 gennaio 2011, mentre la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva autorizzato l’ingresso e la residenza permanente in Italia con decreto del 2 febbraio 2011.
2. Ad avviso della Corte territoriale, al contrario di quanto ritenuto dal primo giudice, il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 36, non vincolerebbe il diritto al congedo parentale all’ingresso del minore in Italia ma farebbe riferimento testuale all’ingresso del minore in famiglia ed inoltre, senza alcuna contestazione da parte dell’Inps, si era anche allegato che il bambino era stato affidato alla famiglia adottiva il (OMISSIS) in Polonia e che da tale data egli era rimasto ininterrottamente con la stessa famiglia. Una diversa interpretazione si esporrebbe, ad avviso della sentenza impugnata, a rilievi di incostituzionalità per contrasto con l’art. 3 Cost., giacché per l’ipotesi di adozione nazionale non vi è dubbio che il congedo parentale possa essere fruito sin dall’ingresso in famiglia del minore.
3. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’INPS sulla base di un motivo illustrato da memoria. B.A. resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e o falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 151 del 2001, artt. 26, 31 e 36, e succ. modif. con riferimento all’art. 12 preleggi. Chiarisce l’Istituto ricorrente che la questione controversa concerne la spettanza del diritto al congedo parentale ed alla relativa indennità, ai sensi del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 36, in caso di adozione internazionale in favore di un padre adottivo lavoratore dipendente, prima dell’ingresso del minore straniero in Italia. In particolare, la sentenza impugnata avrebbe errato in diritto ammettendo la possibilità per il padre adottivo di fruire del congedo parentale anche nel periodo trascorso all’estero in ragione della corretta interpretazione del citato art. 36, derivante dalla sua collocazione all’interno del complessivo sistema dei congedi familiari ed in particolare alla luce sia dell’art. 26, D.Lgs. cit. (che espressamente consente una fruizione anche anticipata del solo congedo di maternità nel periodo precedente all’ingresso del minore in Italia nella sola ipotesi di adozione internazionale), che dell’art. 31, D.Lgs. cit. (che estende al padre lavoratore dipendente il disposto dell’art. 26 cit.). Dal confronto di tali disposizioni con l’art. 36, D.Lgs. cit., ad avviso del ricorrente, si evince che la tutela della genitorialità, complessivamente, consiste nella possibilità per la lavoratrice madre di fruire del congedo di maternità nei cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia, a seguito dell’autorizzazione rilasciata dalla Commissione per le adozioni internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri; inoltre, ferma la durata massima del periodo di astensione per maternità, la lavoratrice può fruire anche parzialmente del congedo di maternità prima dell’ingresso del minore in Italia e ciò al fine di consentirle la permanenza all’estero per l’incontro con il minore e gli adempimenti necessari per la procedura adottiva; il periodo non fruito prima dell’ingresso in Italia del minore va fruito entro i cinque mesi successivi a tale momento; la lavoratrice nei periodi di permanenza all’estero, in alternativa all’anticipo di cui si è detto, può avvalersi di periodi di congedo dal lavoro non retribuiti né indennizzati, in entrambi i casi, la permanenza all’estero della lavoratrice va certificata dall’ente autorizzato incaricato di espletare la procedura di adozione; in alternativa alla lavoratrice madre, in caso di impossibilità di fruizione della stessa per decesso, grave infermità, ecc. ovvero in caso di rinuncia, ai sensi dell’art. 31, commi 1 e 2, D.Lgs. cit., tali diritti spettano al padre adottivo alle medesime condizioni previste per la madre; ad entrambi i genitori, infine, spetta il congedo parentale nel periodo e per la durata indicati al D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 36, decorrenti dall’ingresso del minore in famiglia. Dalla complessiva considerazione di tale sistema di tutele si ricaverebbe, dunque, l’insussistenza del diritto del padre adottivo di minore di nazionalità straniera ad ottenere il congedo parentale prima dell’ingresso del minore in Italia, anche se prima di tale di momento il minore sia stato affidato alla famiglia adottiva in territorio estero.
2. Il motivo è fondato.
3. La questione va esaminata verificando se la peculiarità e complessità dell’istituto dell’adozione internazionale (di cui alla L. n. 476 del 1998, di ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L’Aja il 29 maggio 1993, contenente modifiche alla L. 4 maggio 1983, n. 184) incida ed in che termini sui contenuti del diritto alla fruizione del congedo parentale da parte del padre adottivo in ipotesi di adozione nazionale.
4. Il tessuto normativo di cui si discute trae le proprie origini dalla L. n. 903 del 1977, artt. 6 e 7, sulla parità di trattamento, in riferimento alle adozioni e agli affidamenti pre-adottivi. Tali disposizioni furono estese all’affidamento familiare temporaneo dalla legge sulle adozioni e affidi (L. n. 184 del 1983, art. 80, comma 2, sulla disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori) e poi adattate ad opera della Corte costituzionale, soprattutto, con le sentenze n. 332 del 1988 e n. 341 del 1991.
5. La disciplina di tutela è stata adeguata a quella prevista per la nascita in sede di riforma ad opera della L. n. 53 del 2000, con un intervento limitato a un solo comma che non tiene conto delle modifiche quasi contemporaneamente apportate, per le adozioni e gli affidi preadottivi internazionali, dalla legge di ratifica della Convenzione dell’Aja (la n. 476 del 1998, che ha inserito l’art. 39 quater, all’interno della L. n. 184 del 1983).
6. Nel corso del 2001, mantenendosi una divaricazione già segnalata in dottrina tra disciplina lavoristica e civilistica in tema di adozione internazionale, sono stati varati contestualmente, in chiusura della tredicesima legislatura, il Testo unico (D.Lgs. n. 151 del 2001) e l’ultima riforma della disciplina in materia di adozioni e affidi (L. n. 149 del 2001, che ha dettato ulteriori modifiche alla L. n. 184 del 1983, in particolare sostituendo l’art. 80).
7. La disciplina contenuta nel testo unico n. 151 del 2001, che costituisce un’opera di riordino e riorganizzazione della previgente normativa, comprese le innovazioni e abrogazioni già intervenute prima della sua adozione, per grandi linee, prevede: a) il riconoscimento di una astensione dal lavoro a favore della madre (Capo III t.u.), definita congedo di maternità (art. 2, comma 1, lett. a, tu.), nonché del padre (Capo IV t.u.), definita congedo di paternità (art. 2, comma 1, lett. b, t.u.); b) una successiva astensione a titolo di congedo parentale (art. 2, comma 1, lett. c, t.u.), riconosciuto a entrambi i genitori (Capo V t.u.).
8. La disciplina del Testo unico attribuisce rilevanza alla filiazione giuridica e la inserisce specificamente all’interno della disciplina che ciascun capo dedica ai diversi tipi di congedo. La separazione di disciplina tra adozioni e affidi nazionali ed adozioni e affidi internazionali è limitata a poche differenze di trattamento, derivanti dalla regolamentazione dell’istituto delle adozioni.
9. In via di sintesi, può affermarsi che nel caso di minori stranieri:
– quando si parla di affidamento, ci si riferisce solo all’affidamento pre-adottivo, posto che non può verificarsi il caso dell’affidamento provvisorio o temporaneo;
– è previsto il diritto alla permanenza all’estero di ciascuno degli aspiranti genitori per tutto il tempo necessario, così come certificato dall’ente autorizzato (art. 27, commi 2 e 3, per la lavoratrice, e art. 31, comma 2, per il lavoratore, D.Lgs. n. 151 del 2001); si tratta di un congedo che ovviamente può essere fruito assieme da parte dei due lavoratori, ma che non dà diritto a copertura economica nè previdenziale, essendo solo garantita la salvaguardia del rapporto di lavoro subordinato; questo congedo preliminare, alle diverse condizioni di tutela previste, costituisce deroga al principio – previsto per le adozioni nazionali- che i congedi decorrono solo successivamente all’ingresso del bambino nel nucleo familiare; a questi fini, la durata del periodo di permanenza all’estero è certificata dall’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione;
– se si tratta di adozione nazionale, il congedo di maternità (obbligatorio) da fruire spetterà per i primi cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore in famiglia, mentre in caso di adozione internazionale, il congedo – a scelta della lavoratrice o del lavoratore – potrà essere goduto sempre nel limite temporale complessivo dei cinque mesi predetti): a) prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero per l’incontro con il minore e gli adempimenti della procedura adottiva; b) entro i cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia;
– quanto alla disciplina del congedo parentale (facoltativo) e del congedo per la malattia del figlio è la medesima sia per l’adozione internazionale che per quella nazionale e la separazione della disciplina in due articoli (artt. 36 e 37) nel capo sui congedi parentali, rispettivamente per le adozioni e affidi nazionali e per quelli internazionali, pare dovuta alla necessità che il Testo unico includesse anche la disciplina prevista in altra sede (rispetto all’art. 39 quater e, precisamente, nell’art. 31, comma 3, lett. n) della legge sulle adozioni e di precisare che l’ente autorizzato deve limitarsi a certificare la durata del congedo stesso, senza possibilità di intervenire sulla sua estensione.
10. Ciò premesso, al fine di giungere alla soluzione della questione oggetto del ricorso, il quadro va completato con gli specifici riferimenti alla complessa procedura di adozione internazionale che, in esecuzione della Convenzione dell’Aja come sopra ricordata, è stata introdotta con la L. n. 476 del 1998, che, modificando la L. n. 183 del 1984, sulle adozioni, ha previsto l’intervento della commissione centrale per le adozioni internazionali quale organismo che presiede alle fasi amministrative del procedimento di adozione.
11. Tale commissione verifica l’opera degli enti autorizzati che sono i soli abilitati dalla legge a curare le procedure di adozione internazionale. In particolare, ai sensi della L. n. 476 del 1998, art. 3, che ha sostituito il Capo I del Titolo III della L. 4 maggio 1983, n. 184, l’ente autorizzato ” (…) informa immediatamente la Commissione, il tribunale per i minorenni e i servizi dell’ente locale della decisione di affidamento dell’autorità straniera e richiede alla Commissione, trasmettendo la documentazione necessaria, l’autorizzazione all’ingresso e alla residenza permanente del minore o dei minori in Italia; h) certifica la data di inserimento del minore presso i coniugi affidatari o i genitori adottivi; i) riceve dall’autorità straniera copia degli atti e della documentazione relativi al minore e li trasmette immediatamente al tribunale per i minorenni e alla Commissione; l) vigila sulle modalità di trasferimento in Italia e si adopera affinché questo avvenga in compagnia degli adottanti o dei futuri adottanti; m) svolge in collaborazione con i servizi dell’ente locale attività di sostegno del nucleo adottivo fin dall’ingresso del minore in Italia su richiesta degli adottanti; n) certifica la durata delle necessarie assenze dal lavoro, ai sensi dell’art. 39 quater, comma 1, lett. a) e b), nel caso in cui le stesse non siano determinate da ragioni di salute del bambino, nonché la durata del periodo di permanenza all’estero nel caso di congedo non retribuito ai sensi del medesimo art. 39 quater, comma 1, lett. c) (…).
12. Dal punto di vista delle tutele previdenziali, dunque la copertura apprestata dall’ordinamento alla presenza dei lavoratori – futuri genitori presso lo Stato estero ed anche il concreto affidamento dell’adottando, propedeutico alla definita adozione del minore ai medesimi genitori adottanti, costituiscono previsioni specifiche e del tutto peculiari. Ciò è vero sia per la possibilità di fruire, in parte, del congedo (obbligatorio) di maternità/paternità indennizzato economicamente (ai sensi del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 26, comma 3) che per la copertura ai fini lavorativi e contributivi derivante dalla permanenza all’estero di ciascuno degli aspiranti genitori per tutto il tempo necessario, così come certificato dall’ente autorizzato (art. 27, commi 2 e 3, per la lavoratrice, e art. 31, comma 2, per il lavoratore, D.Lgs. n. 151 del 2001).
13. Tali tutele non sono espressione di un principio di corrispondenza tra avvicinamento della famiglia al minore in suolo estero ed “ingresso dello stesso in famiglia”, al fine di far ritenere che anche nella fase di sviluppo della procedura in territorio estero possa essere integrata la condizione voluta dalla legge per la fruizione del congedo parentale da parte del padre, non ancora, adottivo ai sensi del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 36.
14. L’ingresso del minore e dei genitori adottanti nel territorio nazionale realizza l’evento giuridico che deve essere considerato come momento di inizio del definitivo inserimento all’interno del nucleo familiare, mentre tale situazione non può dirsi giuridicamente presente nelle fasi antecedenti, pur se è già avvenuto il contatto umano che non è venuto meno nel tempo.
15. In questo senso, dunque, la difformità di fruizione del congedo parentale da parte del padre nell’ipotesi di adozione nazionale ed internazionale è più apparente che reale e non suscita alcun dubbio di incostituzionalità per disparità di trattamento, giacché in quest’ultimo caso è al momento dell’ingresso in territorio nazionale che può dirsi definitivamente realizzato, anche per legge, l’effettivo e stabile inserimento del minore nella famiglia che lo ha adottato.
16. La sentenza impugnata, dunque, ha in effetti violato le norme denunciate giacché ha ritenuto equiparabile all’ingresso in famiglia del minore adottato all’interno del territorio nazionale, la diversa ipotesi dell’affidamento del minore straniero nel territorio d’origine del medesimo in periodo precedente al trasferimento definitivo, unitamente alla famiglia adottiva, presso il territorio dello Stato italiano.
17. Per tale ragione, la sentenza deve essere cassata e rinviata alla stessa Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che esaminerà la domanda proposta da B.A. alla luce del seguente principio di diritto: “In ipotesi di adozione internazionale, il congedo parentale da parte del padre adottivo di minore straniero, ai sensi del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 36, non può essere fruito prima dell’ingresso del minore nel territorio nazionale dello Stato italiano perché solo dopo tale evento avviene il definitivo ingresso del minore in famiglia ed inizia a decorrenza l’arco temporale previsto dal medesimo articolo per la fruizione del congedo”.
18. Il giudice del rinvio provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, cui demanda la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2019.