di Valeria Cianciolo
Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 28-09-2018) 15-01-2019, n. 1650
Per giurisprudenza consolidata, la moglie ha l’obbligo di impedire al marito di abusare sessualmente della prole. La norma di riferimento è costituita dall’art. 40, co. 2° c.p., in forza del quale, “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. E tale obbligo viene fatto discendere dall’art. 30 della Costituzione secondo il quale “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”, e dall’art. 147 c.c. in forza del quale “il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.
Il genitore esercente la responsabilità genitoriale sui figli minori, come tale investito, a norma dell’art. 147 cod. civ., di una posizione di garanzia in ordine alla tutela dell’integrità psico – fisica dei medesimi, risponde, a titolo di causalità omissiva di cui all’art. 40 cpv. cod. pen., degli atti di violenza sessuale compiuti dal coniuge sui figli allorquando sussistano le condizioni rappresentate: a) dalla conoscenza o conoscibilità dell’evento; b) dalla conoscenza o riconoscibilità dell’azione doverosa incombente sul “garante”; c) dalla possibilità oggettiva di impedire l’evento.
Pertanto, si è sostenuto che, in applicazione della regola dettata dall’art. 40 c.p. cpv., secondo cui il non impedire un evento che si abbia l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo, deve ritenersi responsabile di concorso nel reato di violenza sessuale continuata commesso da un padre nei confronti della figlia minore la madre di quest’ultima, la quale, benché resa compiutamente edotta dei fatti, abbia sistematicamente omesso di denunciarli e di chiedere l’intervento dell’autorità, limitandosi invece ad esortare la vittima alla sopportazione ed al perdono (Cass. Pen., Sez. III, 2 ottobre 2001, Sabella, in Riv. pen., 2002, 129).
Gli Ermellini ribadiscono sostanzialmente quanto già espresso in altre occasioni, ossia, che in capo al genitore incombe un’indiscussa posizione di garanzia, che lo rende responsabile dell’omesso impedimento degli atti di violenza sessuale ai danni del figlio minore, «purché sia a conoscenza dell’evento o in grado di conoscerlo, ed ancora, sia a conoscenza dell’azione doverosa su di lui incombente ed abbia la possibilità oggettiva di impedire l’evento» (ex multis, Cass. Pen., Sez. III, 11 ottobre 2011, n. 1369, dep. 17 gennaio 2012).