Il codice rosso – Legge 19 luglio 2019 n.69

Con una pratica tabella di confronto degli articoli del C.P. e del C.P.P.

Jacopo Morrone Cristina Paolini Enrico Sirotti Gaudenzi

ISBN 978-88-32149-30-2

Pagine 124

Prezzo € 15,00( iva compresa)

Il testo analizza le novità introdotte dalla Legge 19 luglio 2019, n.69 in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Il 9 agosto scorso è entrata in vigore la legge 19 luglio 2019, n. 69 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 2019.

Il provvedimento normativo in esame ha ricondotto la violenza domestica o di genere alle seguenti fattispecie:

  • maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);
  • violenza sessuale, aggravata e di gruppo (artt. 609 bis, 609 ter e 609 octies c.p.);
  • atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.);
  • corruzione di minorenne (art. 609 quinquies c.p.);
  • atti persecutori (art. 612 bis c.p.);
  • diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612 ter c.p.);
  • lesioni personali aggravate e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 582 e 583 quinquies, aggravate ai sensi dell’art. 576, primo comma, n. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell’art. 577, primo comma n. 1 e secondo comma).
    Viene introdotta, poi, una corsia preferenziale per le indagini, che dovranno essere più veloci; inoltre le pene saranno più incisive per i reati commessi all’interno di contesti familiari o di convivenza.
    Tra le novità più rilevanti vi è l’introduzione dei seguenti nuovi reati:
  • il revenge porn;
  • la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso;
  • il reato di costrizione o induzione al matrimonio;
  • la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Risponde di violenza sessuale a titolo di causalità omissiva di cui all’art. 40 cpv. cod. pen., il genitore che non impedisce la violenza sulla figlia minore

di Valeria Cianciolo

Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 28-09-2018) 15-01-2019, n. 1650

Per giurisprudenza consolidata, la moglie ha l’obbligo di impedire al marito di abusare sessualmente della prole. La norma di riferimento è costituita dall’art. 40, co. 2° c.p., in forza del quale, “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. E tale obbligo viene fatto discendere dall’art. 30 della Costituzione secondo il quale “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”, e dall’art. 147 c.c.  in forza del quale “il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.

Il genitore esercente la responsabilità genitoriale sui figli minori, come tale investito, a norma dell’art. 147 cod. civ., di una posizione di garanzia in ordine alla tutela dell’integrità psico – fisica dei medesimi, risponde, a titolo di causalità omissiva di cui all’art. 40 cpv. cod. pen., degli atti di violenza sessuale compiuti dal coniuge sui figli allorquando sussistano le condizioni rappresentate: a) dalla conoscenza o conoscibilità dell’evento; b) dalla conoscenza o riconoscibilità dell’azione doverosa incombente sul “garante”; c) dalla possibilità oggettiva di impedire l’evento.

Pertanto, si è sostenuto che, in applicazione della regola dettata dall’art. 40 c.p. cpv., secondo cui il non impedire un evento che si abbia l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo, deve ritenersi responsabile di concorso nel reato di violenza sessuale continuata commesso da un padre nei confronti della figlia minore la madre di quest’ultima, la quale, benché resa compiutamente edotta dei fatti, abbia sistematicamente omesso di denunciarli e di chiedere l’intervento dell’autorità, limitandosi invece ad esortare la vittima alla sopportazione ed al perdono (Cass. Pen., Sez. III, 2 ottobre 2001, Sabella, in Riv. pen., 2002, 129).

Gli Ermellini ribadiscono sostanzialmente quanto già espresso in altre occasioni, ossia, che in capo al genitore incombe un’indiscussa posizione di garanzia, che lo rende responsabile dell’omesso impedimento degli atti di violenza sessuale ai danni del figlio minore, «purché sia a conoscenza dell’evento o in grado di conoscerlo, ed ancora, sia a conoscenza dell’azione doverosa su di lui incombente ed abbia la possibilità oggettiva di impedire l’evento» (ex multis, Cass. Pen., Sez. III, 11 ottobre 2011, n. 1369, dep. 17 gennaio 2012).