Recupero sgravi contributivi indebitamente fruiti: Cass. Civ., n. 1206 del 2019

(di Giovanna Romano Funzionario – Provincia di Benevento)

La Cass. Civ., sez. VI Lav., ord., 17 gennaio 2019 n. 1206 ha confermato la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila, la quale quest’ultima ha respinto l’appello principale proposto dalla società avverso la sentenza di primo grado, di rigetto dell’opposizione a cartella esattoriale per il recupero di sgravi contributivi previsti dalla legge n. 448 del 1998 per incremento occupazionale, indebitamente fruiti nel periodo gennaio 1999 – 10 agosto 2000, per aver assunto dipendenti che nell’anno precedente l’inizio del rapporto di lavoro risultavano in forza presso società collegate aventi il medesimo assetto societario, e ha accolto il gravame incidentale dell’INPS, sul regime sanzionatorio applicabile, di evasione e non di omissione. La Corte di merito escludeva il diritto agli sgravi contributivi, disciplinata dalla l. n. 448 del 1998, per insussistenza del richiesto incremento occupazionale, trattandosi, nella specie, di: a) contratti di formazione e lavoro trasformati in contratto a tempo indeterminato ovvero di contratti a tempo indeterminato cessati con riassunzione dei medesimi lavoratori con contratto di formazione e lavoro e con la medesima qualifica già posseduta nel precedente rapporto; b) assunzione, licenziamento, riassunzione di lavoratori in breve lasso di tempo; c) carenti allegazioni sulla sussistenza del diritto agli sgravi in riferimento ad alcuni dipendenti, per essere risultata corroborata la pretesa legittima fruizione con argomenti non pertinenti (quale «l’ampliamento della base occupazionale in virtù delle assunzioni effettuate dalla società»). Da ciò si ricava che presupposto per l’applicabilità dello sgravio contributivo di cui all’art. 3, commi 5 e 6, della legge n. 448 del 1998, è che l’impresa abbia realizzato un incremento occupazionale mediante nuove assunzioni di personale che già risulti iscritto nelle liste di collocamento o di mobilità o fruitore della cassa integrazione guadagni, in coerenza con la finalità delle disposizioni in esame, volte ad incentivare l’assunzione di soggetti che non abbiano o abbiano perduto l’occupazione in determinate zone d’Italia, e a favorire, al contempo, la ripresa economica nelle stesse zone; ne consegue che il beneficio non compete nel caso di trasformazione di un contratto di lavoro a tempo parziale in contratto di lavoro a tempo pieno, trattandosi di una mera modificazione della quantità temporale della prestazione lavorativa già in essere e non di nuova assunzione avente le finalità ed i caratteri indicati dalla disposizione.

SENTENZA PER ESTESO

Rilevato che

1. con sentenza in data 4 febbraio 2013, la Corte d’appello di L’Aquila ha respinto l’appello principale proposto dalla s.r.l. K. avverso la sentenza di primo grado, di rigetto dell’opposizione a cartella esattoriale per il recupero di sgravi contributivi previsti dalla legge n. 448 del 1998 per incremento occupazionale, indebitamente fruiti nel periodo gennaio 1999 – 10 agosto 2000, per aver assunto dipendenti che nell’anno precedente l’inizio del rapporto di lavoro risultavano in forza presso società collegate aventi il medesimo assetto societario, e ha accolto il gravame incidentale dell’INPS, sul regime sanzionatorio applicabile, di evasione e non di omissione;

2. la Corte di merito escludeva il diritto agli sgravi contributivi, ex lege n.448 del 1998, per insussistenza del richiesto incremento occupazionale, trattandosi, nella specie, di: a) contratti di formazione e lavoro trasformati in contratto a tempo indeterminato ovvero di contratti a tempo indeterminato cessati con riassunzione dei medesimi lavoratori con contratto di formazione e lavoro e con la medesima qualifica già posseduta nel precedente rapporto (lavoratori F., G., C., T.); b) assunzione, licenziamento, riassunzione di lavoratori in breve lasso di tempo (F., G.C.E.); c) carenti allegazioni sulla sussistenza del diritto agli sgravi in riferimento ad alcuni dipendenti (P. e C.), per essere risultata corroborata la pretesa legittima fruizione con argomenti non pertinenti (quale «l’ampliamento della base occupazionale in virtù delle assunzioni effettuate dalla K.»);

3. agli effetti del regime sanzionatorio applicabile, la Corte territoriale ha ravvisato nella condotta della società un comportamento in frode alla legge;

4. avverso tale sentenza la s.r.l. K. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi;

5. l’INPS ha conferito solo delega in calce alla copia notificata del ricorso;

Considerato che

6. con i motivi di ricorso, la parte ricorrente deduce, sul punto (a) della sentenza, violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1185 cod. civ., dell’art. 1, commi 537 e 538 legge 24 dicembre 2012, n. 228, per avere la Corte di merito provveduto su un credito non esigibile già prima della notifica della cartella di pagamento in virtù di determinazioni dell’INPS, in sede di autotutela, di sospensione del recupero delle somme (primo motivo), questione censurata anche nel profilo dell’omessa motivazione su un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti, per l’omessa pronuncia sul capo relativo all’esigibilità del credito (secondo motivo);violazione dell’art. 3, legge n. 448 del 1998, per avere ritenuto non incrementata la base occupazionale con i lavoratori i cui contratti di formazione e lavoro erano stati trasformati in contratti a tempo indeterminato (terzo motivo); violazione reiterata, quanto al punto (b) della sentenza, per non avere ritenuto unità lavorative aggiuntive i lavoratori già assunti solo per una frazione temporale e poi assunti a tempo indeterminato (quarto motivo); violazione dell’art. 116, comma 8, legge n.388 del 2000, per essersi attenuta alle indicazioni fornite dall’INPS con circolari e per avere introdotto, negli apposti modelli DM10/2, l’indicazione analitica degli sgravi portati in deduzione (righi L380, 381, 390) (quinto motivo); insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo quanto all’apprezzamento della condotta come in frode alla legge (sesto motivo); il settimo motivo reitera la violazione di legge dedotta con il quinto, nel profilo della oggettiva incertezza interpretativa della normativa sugli sgravi oggetto di causa;

7. ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

8. il primo motivo è inammissibile in violazione del principio di specificità ex art. 366, co. 1, n. 4 e n. 6 c.p.c., sotto il duplice profilo dell’inosservanza del principio di autosufficienza per omessa trascrizione del provvedimento di sospensione amministrativa, ostativa all’esame del suo contenuto (v., fra le tante, Cass. 27 luglio 2017, n. 18679) e dell’assenza di pertinente e puntuale confutazione delle argomentazioni con le quali si dipana la sentenza impugnata, in riferimento all’«uso distorto del contratto di formazione e lavoro, per cui nessun beneficio può farsi derivare dalla trasformazione del contratto, posto che tutti e tre i dipendenti … già assunti dalla K. con contratto a tempo indeterminato e, quindi … riassunti, a distanza di pochi mesi … con contratto di formazione e lavoro» (cfr., fra le tante, Cass. 22 settembre 2014, n. 19959);

9. del pari non si confronta con la statuizione impugnata il secondo motivo, dovendo escludersi l’omissione di esame di un fatto storico, insussistente (v. al riguardo Cass., Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053 e numerose successive conformi) o di pronuncia, per avere la Corte di merito dato espressamente conto, spendendo argomenti per disattenderla, della censura della società appellante di mancato accertamento di inesigibilità del recupero dello sgravio per la trasformazione di contratti di formazione e lavoro in contratti a tempo indeterminato;

10. i motivi terzo e quarto vanno respinti, in continuità con il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui «presupposto per l’applicabilità dello sgravio contributivo di cui all’art. 3, commi 5 e 6, della legge n. 448 del 1998, è che l’impresa abbia realizzato un incremento occupazionale mediante nuove assunzioni di personale che già risulti iscritto nelle liste di collocamento o di mobilità o fruitore della cassa integrazione guadagni, in coerenza con la finalità delle disposizioni in esame, volte ad incentivare l’assunzione di soggetti che non abbiano o abbiano perduto l’occupazione in determinate zone d’Italia, e a favorire, al contempo, la ripresa economica nelle stesse zone; ne consegue che il beneficio non compete nel caso di trasformazione di un contratto di lavoro a tempo parziale in contratto di lavoro a tempo pieno, trattandosi di una mera modificazione della quantità temporale della prestazione lavorativa già in essere e non di nuova assunzione avente le finalità ed i caratteri indicati dalla disposizione» (Cass. 26 settembre 2012, n. 16378 e numerose successive conformi; tra le più recenti, in riferimento a trasformazione di contratti di formazione e lavoro v. Cass. 21 agosto 2018, n. 20867);

11. inoltre, come già ribadito in altre decisioni di questa Corte, il calcolo in unità lavorative annue (c.d. ULA) può rilevare, ai fini del computo della forza lavoro in essere, al fine di valutare se sussista, a seguito della nuova assunzione, un effettivo incremento dell’occupazione ma non anche al fine di considerare, quale nuovo assunto, ad incremento delle unità occupate, colui il cui rapporto a tempo determinato sia stato trasformato in rapporto a tempo indeterminato, non essendo consentita alcuna interpretazione analogica del disposto dell’art. 3, comma 5, legge n. 448 del 1998, in ragione della natura eccezionale delle disposizioni che introducono sgravi contributivi dovendo ribadirsi il principio che la conversione di un contratto a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato non dà luogo ad incremento di occupazione rilevante ai fini degli sgravi de quibus, (v., fra le altre, Cass.29 marzo 2014, n. 9390);

12. conseguentemente va respinta la richiesta di rinvio pregiudiziale alla CGUE svolta nella sole conclusioni del ricorso, condizionatamente al rigetto dei motivi appena esaminati;

13. quanto al censurato regime sanzionatorio (di evasione), premessa l’inammissibilità del vizio di motivazione, devoluto alla Corte con il sesto motivo, secondo il paradigma antecedente al novellato art. 360, n.5 cod.proc.civ., applicabile ratione temporis, questa Corte ha più volte precisato che il regime dell’omissione è circoscritto alle sole ipotesi in cui il debito risulti dalle dichiarazioni obbligatorie e l’Inps non debba compiere alcuna altra attività che quella di recupero del proprio credito, mentre, nel caso in esame, le dichiarazioni presentate all’Inps riportavano e mettevano in compensazione un credito della società ricorrente per sgravi contributivi non spettanti, potendosi perciò ritenere che l’omessa o infedele denuncia di dati relativi ai rapporti di lavoro configuri occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e faccia presumere l’esistenza della volontà datoriale di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti (v., fra le tante, Cass. 2 ottobre 2018, n. 23882 e la giurisprudenza ivi richiamata);

14. inammissibile deve ritenersi, inoltre, la censurata insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, per la laconicità argomentativa della ritenuta ipotesi evasiva contributiva, per effetto di «un comportamento in frode alla legge» per essere inconfigurabile il vizio come denunciato non conforme al paradigma del novellato testo dell’art. 360, co. 1, n. 5 cod.proc.civ., applicabile ratione temporis;

15. vale aggiungere, infine, che non possono assumere rilievo le circolari dell’INPS che non solo non possono derogare alle disposizioni di legge, ma neanche possono influire nell’interpretazione delle medesime disposizioni, e ciò anche se si tratti di atti del tipo c.d. normativo, che restano comunque atti di rilevanza interna all’organizzazione dell’ente (cfr., fra le altre, Cass. 26 maggio 2005, n. 11094);

16. non si provvede alla regolazione delle spese per non avere la parte intimata svolto attività difensiva;

17. ai sensi dell’art.13,comma 1-quater, d.P.R.n.115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13,comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art.13,comma 1-quater, d.P.R.n.115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13,comma 1-bis.