Giovanni Ugo Bargiacchi (avv. in Roma)
Con l’ordinanza n. 15157/19 – Pres. Manna, Relatore Cons. Curcio – pubblicata il 04.06.2019, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sia sulla decorrenza del termine prescrizionale circa la richiesta di pagamento del TFR da parte del prestatore al datore di lavoro, sia sull’inapplicabilità della prescrizione triennale presuntiva alla fattispecie testé richiamata.
L’ordinanza in commento, difatti, ribadendo un indirizzo già ampiamente consolidato dalla suddetta Corte in diversi arresti giurisprudenziali (cfr. ex multis Cass. n. 6522/17, Cass. 1684/17), ha statuito che: “al trattamento di fine rapporto non si applica la prescrizione triennale presuntiva, ma quella quinquennale (…) trattandosi di un’indennità che non viene erogata o corrisposta periodicamente, solo essendo riconosciuta annualmente nel suo importo progressivamente maturato (…) la prescrizione del diritto ad ottenere il pagamento del TFR decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro e tale diritto non va confuso col diritto, maturante anche nel corso del rapporto, all’accertamento della quota temporaneamente maturata (…)” ed ancora “le prescrizioni presuntive, che trovano fondamento in quei rapporti che si svolgono senza particolari formalità in relazione ai quali il pagamento suole avvenire senza dilazione né rilascio di quietanza scritta, non operano quando il contratto sia stipulato per iscritto” ( cfr. ex multis Cass. n. 1392/16; Cass. n. 11145/12).
Alla luce di ciò, si può sinteticamente evidenziare che: A) la prescrizione del pagamento del trattamento di fine rapporto inizia a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro; B) Il diritto ad ottenere il pagamento del TFR è giuridicamente diverso dal diritto all’accantonamento della quota del TFR che matura annualmente in favore del prestatore; C) la prescrizione presuntiva triennale si applica solo in rapporti giuridici che non richiedono particolari formalità.