Notifica Pec – Nota a Cass. civ., n. 5646 del 2021

di Corrado Spina (Avv. e prof. a contratto presso l’Università dell’Aquila)

Le questioni e le problematiche sulla notifica Pec: Cass. civ., n. 5646 del 2021

La Corte di Cassazione con Sentenza del 2 marzo 2021 n. 5646 ha stabilito che“La notifica  a mezzo PEC si ha perfeziona con la ricevuta con cui l’operatore attesta di aver rinvenuto la casella Pec del destinatario piena, da considerarsi equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione rappresenta un evento imputabile al destinatario“.

La decisione de quo ci permette di analizzare un argomento molto comune negli ultimi tempi, ovvero la notifica telematica a mezzo Posta Elettronico Certificata.

La notifica telematica è un istituto previsto dalla legge 21 gennaio 1994 n. 53, che ha subito diverse modifiche nel corso degli anni, da ultimo legge 6 agosto 2015 n. 132.

Con tale mezzo è possibile non  recarsi presso l’Ufficiale Giudiziario, che ormai notifica solo in via residuale, con notevole guadagno sia di tempo che economico.

Tuttavia sia il notificante che il destinatario devono possedere un indirizzo di Posta Elettronica Certifica, diventato obbligatorio per tutte le imprese ed i professionisti con il Decreto Legge 18 ottobre 2012 n. 179 convertito in Legge 17 dicembre 2012 n. 221,risultante  da pubblici elenchi.

La notifica si perfeziona, per il notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, così come previsto dall’art. 6 co. 2 del D.P.R. 11 febbraio 2005 n. 68.

Qualora, invece, il messaggio di posta elettronica certificata non risulta consegnabile il gestore comunica al mittente la mancata consegna tramite un avviso, in tal caso la notifica deve essere effettuata in maniera cartacea tramite l’Ufficiale Giudiziario o in proprio, se autorizzato dal Consiglio dell’Ordine.

Inoltre, tale notifica va eseguita mediante deposito in cancelleria, se il destinatario non ha un indirizzo di posta elettronica certificato o nell’ipotesi di mancata consegna del messaggio di PEC per cause imputabili al destinatario.

Il problema si pone se la mancata consegna è dovuta per il non rinnovo della PEC o perché la stessa era piena.

Nel primo caso, fermo restando le sanzioni amministrative che incorrerà il soggetto titolare della Posta Elettronica Certificata di cui al Decreto legge n. 179/2012 e convertito in legge 221/2012, il notificante deve provvedere alla notifica cartacea ex art. 137 e ss. c.p.c. 

In caso di notifica telematica effettuata dall’avvocato, il mancato perfezionamento della stessa per non avere il destinatario reso possibile la ricezione dei messaggi sulla propria casella PEC, pur chiaramente imputabile al destinatario, impone alla parte di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dagli articoli 137 c.p.c  e segg.,  atteso che la notifica trasmessa a mezzo PEC dal difensore si perfeziona unicamente al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna (RAC)” (Cass.17 luglio 2020 n. 15298).

Nel secondo caso, ed è questo il principio della Cassazione, la notifica si intende “per eseguita” (consegnata), equiparando tale risultato alla compiuta giacenza, come si verifica quando a notificare è un operatore delle Poste.

La notificazione di un atto eseguita  a mezzo Pec si ha per perfezionata con la ricevuta con cui l’operatore attesta di aver rinvenuto la casella Pec del destinatario “piena”, da considerarsi equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione della capienza rappresenta un evento imputabile al destinatario (Cass. 23 febbraio 2021 n. 4920).

Pertanto la mancata consegna all’avvocato della comunicazione o notificazione inviatagli a mezzo posta elettronica certificata produce effetti diversi a seconda che egli sia o meno responsabile di tale inconveniente: nel primo caso le notificazioni  saranno eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria; nel secondo, invece,  attraverso l’utilizzo delle forme ordinarie previste dal codice di rito.

È ormai Giurisprudenza costante annoverare tra “le cause imputabili al destinatario”, la mancata comunicazione per saturazione della casella di posta elettronica, avendo affermato che “il mancato buon esito della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale dovuto alla saturazione della casella di posta elettronica del destinatario, legittima l’effettuazione della comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria, ex art. 16 co. 6 del Decreto Legge 179/2012” (Cass. 20 maggio 2019 n. 13532).

La vicenda trae origine da un ricorso in Cassazione di opposizione  allo stato passivo, dichiarato inammissibile perché notificato oltre i termini.

Nella presente fattispecie, la cancelleria del Tribunale aveva provato a notificare a mezzo pec il verbale di stato passivo all’avvocato dei lavoratori, ma constatata la casella piena provvedeva a rinotificare, dopo qualche giorno, l’atto in cancelleria, così come previsto dalla normativa.

Il difensore, avuta conoscenza del deposito, proponeva ricorso in cassazione avendo come riferimento il termine del deposito dell’atto in cancelleria e non della notifica via pec con casella piena.

L’avvocato di controparte eccepiva la intempestività  del ricorso, essendo trascorsi più di trenta giorni dalla data della notifica telematica e la Corte di Cassazione accoglieva questo orientamento, equiparando la casella piena alla avvenuta consegna, facendo decorrere  da tale giorno i termini per l’impugnativa.

Va premesso che ai sensi dell’art. 99 della legge Fallimentare, il Decreto che decide sull’opposizione allo stato passivo “è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre ricorso per cassazione”.

Pertanto la comunicazione effettuata dal cancelliere, mediante Pec, è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in cassazione

Risolto la fattispecie inerente alla notifica, il problema successivo riguarda la decorrenza del “dies a quo”, ovvero se si applica quello della mancata consegna o del successivo deposito in cancelleria. Il dubbio viene superato dalla legge che al comma 8 dell’art. 16 del Decreto Legge 179/2012 stabilisce“Quando non è possibile procedere ai sensi del comma 4 (notifica a mezzo pec) per causa non imputabile al destinatario, nei procedimenti civili si applicano gli artt.  136 e 137  c.p.c “ . Di conseguenza, il dies a quo in caso di  mancata consegna per “Casella Piena”, quando la saturazione della stessa è imputabile al destinatario, decorre dal momento in cui il gestore genera la ricevuta in cui attesta di aver consegnato l’atto. Viceversa, quando non viene prodotta tale attestazione, perché il destinatario non ha la pec o per causa a lui non imputabile, il dies a quo decorre dall’effettiva ricezione dell’atto nelle mani del destinatario, come prevede la normativa vigente. 

Per concludere, i titolari della casella di posta elettronica certificata devono prestare la massima attenzione per la gestione della stessa, in quanto un uso errato può determinare gravi conseguenze processuali, in particolare la tardività delle impugnazioni, nonché la prescrizione  o la decadenza di eventuali azioni.