I minori intersessuali

Avv. Anna Napoli

 L’art. 3 della nostra Costituzione sancisce che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” e tanti passi sono stati fatti, sia a livello nazionale che internazionale, per raggiungere concretamente la parità.

Esistono, però, condizioni “limite” che, nel nostro ordinamento, ancora non trovano tutela, tra queste c’è quella dei “minori intersessuali”.

La determinazione del sesso, come è noto ai più, avviene già durante la gestazione con esami prenatali o, al più tardi, alla nascita, attraverso l’osservazione dei genitali.

Purtroppo, però, a causa di alcune condizioni genetiche rare, problemi ormonali o gonadici, numerosi bambini (circa trenta milioni nel mondo) nascono con mutazioni genetiche relative ai genitali. Tali anomalie possono riguardare sia il fenotipo (organi genitali esterni) sia gli organi interni. In alcuni, si osservano genitali ambigui, tali cioè da non consentire una precisa attribuzione del sesso; altri, possono avere genitali appartenenti ad un determinato genere ma possedere corredo cromosomico del genere opposto o, addirittura, presentare entrambi gli organi riproduttivi sessuali. E questi sono solo alcuni esempi della casistica.

Nel momento in cui ci si trova di fronte ad una situazione del genere, è chiaro che l’assegnazione ad un genere, piuttosto che ad un altro, non è semplice e necessita di adeguati approfondimenti. Questi ultimi possono richiedere, a seconda della gravità della patologia, dalle poche settimane ad anni.

Tuttavia, nel completo vuoto normativo e a causa di una insufficiente preparazione medica, questi neonati, per la necessità sociale e burocratica di “normalizzare” il loro status, sono vittime di assegnazioni di genere affrettate e sottoposti a interventi chirurgici, spesso vere e proprie mutilazioni, per conformarli allo standard assegnato.

Ne discende che i minori intersessuali sono fortemente discriminati da un sistema giuridico basato sul cosiddetto “sesso binario”, o maschio o femmina. Basti pensare alla dichiarazione di nascita per cui, ex artt. 29-30 d.p.r. n. 396-2000, è richiesto necessariamente di indicare il sesso del bambino.

E proprio al detto decreto fa riferimento il parere del 25-02-2010 del Comitato Nazionale di Bioetica della Presidenza del Consiglio dei Ministri sui Disturbi della Differenziazione Sessuale dei minori (DSD).

Il Comitato, cogliendo le problematiche etiche e giuridiche, ha espresso delle linee guida per il trattamento di questi minori.

In particolare, il Comitato ha fermamente affermato la necessità che la normativa, relativa alla dichiarazione del sesso alla nascita, debba essere integrata attraverso un’annotazione riservata, corredata da certificazione medica, attestante la patologia del neonato, in modo da consentire in seguito, se necessario, una rettificazione dell’indicazione anagrafica, attraverso una procedura più semplificata, rispetto a quella prevista dalla L. 14-04-82, secondo cui il cambio di sesso è condizionato al trattamento medico-chirurgico. Il Comitato, inoltre, ha posto particolare attenzione anche al problema relativo agli interventi chirurgici, cui vengono sottoposti i minori, senza il loro consenso informato e senza tenere conto dei loro desideri e inclinazioni.

Proprio a tal proposito, il Comitato ha raccomandato vivamente di evitare mutilazioni non necessarie, rinviando eventuali interventi chirurgici al raggiungimento di una maturità del soggetto, consentendo allo stesso di esprimere il proprio consenso.

Tuttavia, a parte una sentenza della Cassazione, la n. 15138/2015, che ha affermato la non necessarietà dell’intervento chirurgico degli organi sessuali, per ottenere il cambio del sesso all’anagrafe, poco o nulla è stato fatto dal nostro ordinamento, per realizzare quanto raccomandato dal CNB.

E, infatti, nel 2016 il Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità, ha ammonito l’Italia per le mutilazioni genitali intersex, denunciate come una violazione della “protezione dell’integrità della persona”.

Ma non è finita qui!

Già nel 2013, il Consiglio d’Europa, con la risoluzione 1952, aveva invitato gli Stati membri a rispettare il diritto all’integrità fisica dei bambini, sottolineando che nessuno dovesse essere sottoposto a trattamenti medici o chirurgici inutili di tipo estetico.

Anche l’Unione Europea, il 14/02/2019, ha preso consapevolezza dei diritti negati a questi bambini, con la Risoluzione sui diritti delle persone intersessuali (2018/2878 rsp).

Il Parlamento europeo, infatti, tenuto conto che, numerosissimi neonati “nascono con caratteristiche sessuali fisiche che non corrispondono a norme mediche o sociali, per il corpo maschile o femminile e tenuto conto che le persone intersessuali sono esposte a numerose forme di violenza e discriminazione” ha condannato tutti gli interventi e trattamenti di normalizzazione sessuale, elogiando unicamente Malta e Portogallo, per aver già predisposto normative ad hoc.

La risoluzione, inoltre, ha invitato i Paesi UE ad adottare procedure più flessibili per la registrazione delle nascite, oltre a prendere coscienza di tali realtà, che risultano ancora sconosciute al grande pubblico.

Malta è stato il primo Paese dell’UE a varare una legge in favore dell’integrità fisica degli intersessuali, il “Gender Identity, Gender Expression and Sex Characteristics Act”, nel 2015.

L’esempio è stato seguito, nel 2018, dal Portogallo, che ha approvato la l. 242/XII/1°, al fine di semplificare le procedure di modifica anagrafica del genere (artt.6-9) e di tutelare le persone intersex (art.5).

Unico paese dell’Unione ad essersi adeguato alla risoluzione UE del 2019 è stata la Germania che, con la legge “Per la protezione dei bambini con varianti di sviluppo del sesso” (L. 19/27929), ha vietato ogni tipo di intervento chirurgico estetico sui minori intersex e ha riconosciuto l’assegnazione ad un terzo genere “divers”, nella fase di registrazione all’anagrafe.

L’Italia, purtroppo, è tra i 21 Paesi europei che ancora non hanno adottato alcuna normativa a tutela dei minori intersex, che, intanto, hanno subito, subiscono e continueranno a subire gli effetti di questo vuoto normativo. È auspicabile che il nostro ordinamento segua l’esempio di Malta, Portogallo e Germania ed intervenga, al più presto, per restituire a questi bambini quei diritti e quella dignità finora negati.


Tesina al Corso “Ius neutrum est: il diritto nasce senza genere. Parità Permanente” del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nocera Inferiore (bando CASSA FORENSE 14/2019)