Il mobbing come violazione del diritto alla Salute ed alla tutela della personalità

Dott. Alfredo Naselli (Funzionario Amministrativo Senior ASL Napoli 1 Centro)

L’art. 32 della nostra carta costituzionale ha ad oggetto il diritto alla salute, inteso come diritto inalienabile e irrinunciabile riconosciuto in capo ad ogni individuo, importante al punto che la norma stessa lo qualifica come “fondamentale” e di “interesse per la collettività”.  Il precetto stabilito nella norma ha una cogenza tale che lo Stato si pone come precipuo obiettivo la sua attuazione predisponendo vari strumenti volti ad ottenere la tutela del diritto alla salute in tutti gli ambiti del vivere civile e, in particolare, anche sui luoghi di lavoro. 

Concetto di salute

Posto che il concetto di salute va inteso in senso ampio, quindi non come mera assenza di lesioni o menomazioni prettamente fisiche, ma anche come integrità psichica dell’individuo, un istituto che merita attenzione nel panorama giuridico attuale è il mobbing.

Dottrina e giurisprudenza…

Di creazione squisitamente dottrinale e giurisprudenziale, in quanto nessuna normativa specifica ad oggi regola la fattispecie in esame, il mobbing può essere definito come l’insieme di quei comportamenti posti in essere dal datore di lavoro, intermedi e colleghi, che si traducono in atteggiamenti persecutori attuati con specifica determinazione e continuità, tale da arrecare danni rilevanti alla condizione psicofisica del lavoratore, al solo fine di allontanarlo dalla collettività nel cui ambito svolge la propria opera.

Secondo la giurisprudenza (cfr. Cass. 19-09-2017 n. 21262; Cass. 4-10-2019 n. 248883; Cass. 23-06-2020 n. 12364) gli elementi costitutivi necessari perché possa dirsi integrato il mobbing sono i seguenti:

  1. La presenza di una serie di atti, illeciti o meno, con carattere persecutorio posti in essere da parte del datore di lavoro, preposti o colleghi contro la vittima con fine vessatorio in maniera sistematica e prolungata nel tempo;
  2. La sussistenza di un evento lesivo della salute, personalità o dignità del dipendete;
  3. Nesso eziologico (rapporto causa- effetto) tra le predette condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria dignità e/o integrità psicofisica;
  4. l’intento persecutorio come elemento soggettivo da parte dei soggetti agenti;
Aggressione psicologica…

Appare evidente, da quanto sinora esposto, l’evanescenza che connota le condotte sussumibili nell’alveo dell’istituto in parola, in quanto l’aggressione psicologica ai danni della vittima può essere effettuata nei modi più svariati, con comportamenti sia tipici (es. vessazioni) che atipici (es. isolamento della persona nel contesto lavorativo) ovvero con condotte che, singolarmente considerate, non presentano gli estremi di un intento persecutorio in capo al soggetto agente (cfr. Cass. Ord. 10-04-2019 n. 10043). Tuttavia, è possibile distinguere in base ai soggetti coinvolti e alla loro posizione nella gerarchia dell’azienda o dell’ufficio varie tipologie di mobbing:

  1. mobbing verticale, quando la condotta persecutoria coinvolge soggetti collocati a diversi livelli della scala gerarchica, dovendosi poi ulteriormente distinguere tra:
    1. mobbing discendente, quando i comportamenti aggressivi e vessatori sono posti in essere dal datore di lavoro o da un superiore gerarchico della vittima (queste ipotesi vengono identificate anche con il termine “bossing”);
    2. mobbing ascendente, quando viceversa è un lavoratore di livello più basso ad attaccare un soggetto a lui sovraordinato;
  2. mobbing orizzontale, quando la condotta mobbizzante è posta in essere da uno o più colleghi posti allo stesso livello della persona che ne è bersaglio.

L’assenza di una specifica normativa tesa a disciplinare il mobbing non preclude, tuttavia, la possibilità per le vittime di ricevere tutela adeguata da parte del nostro ordinamento che prevede tutta una serie di norme, anche di rango costituzionale (vedi artt. 2- 4 -32 – 35 – 41), volte a attribuire rilievo alle condotte vessatorie che si sono in precedenza descritte.

Articolo 2087 del codice civile

Sul piano civile, l’istituto viene inquadrato nell’ambito dell’art. 2087 c.c. che pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di tutela delle condizioni di lavoro e dell’integrità psicofisica del lavoratore e, di conseguenza, di impedire eventuali atti e/o comportamenti aggressivi posti in essere ai danni della vittima perpetrati da colleghi o preposti.

Ne consegue che la responsabilità in capo al datore di lavoro per i danni subiti dai lavoratori vittime di mobbing ha natura contrattuale, avendo lo stesso datore di lavoro non adempito ad uno degli obblighi nascenti dal rapporto di lavoro in sé.

Articolo 2043 codice civile “responsabilità aquiliana”

Tuttavia, volendo rafforzare ulteriormente la tutela del lavoratore mobbizzato, è possibile considerare il datore di lavoro responsabile anche ex art. 2043 c.c., ergo una responsabilità aquiliana che prescinde dal contratto di lavoro esistente tra le parti, per violazione dell’obbligo generale di non cagionare ad altri un danno ingiusto.

Sul piano penale…

Sul piano penale, non esiste nella legislazione vigente uno specifico reato di mobbing.

Tuttavia, considerata l’ecletticità che le condotte persecutorie possono assumere nei casi concreti, talvolta  è possibile che le stesse vadano integrare fattispecie criminose previste dal codice penale a tutela dell’incolumità individuale, dell’onore, della libertà personale e morale.

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