IL DIRITTO AL CONTRADDITTORIO

di Maurizio Villani

Lunedì 27 luglio 2020 si festeggiano i 20 anni dello Statuto dei Diritti del Contribuente approvato con legge n. 212 del 27 luglio 2000.

Si tratta di una legge ordinaria, più volte derogata (basta leggere i tre decreti-legge emanati durante il periodo COVID-19), tanto è vero che da più parti si auspica, giustamente, una costituzionalizzazione dello Statuto, soprattutto in vista della prossima generale riforma fiscale.

In ogni caso, un principio importante previsto dallo Statuto è il diritto del contribuente al contraddittorio, disciplinato dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212 cit..

Dopo vari orientamenti giurisprudenziali, finalmente, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 18184 del 29/07/2013, ha stabilito il seguente importante principio:

«In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva.

Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio.».

Peraltro, la Corte di Cassazione ha avuto altresì occasione di chiarire (Cass., 30/10/2018, n. 27623) che la sanzione della illegittimità dell’avviso per il mancato rispetto del termine dilatorio dei sessanta giorni stabilito a presidio del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, espressione dei principi di collaborazione e di buona fede, non presuppone che il contribuente dimostri che il minor termine gli ha precluso di predisporre una adeguata e specifica linea difensiva, senza che tale interpretazione contrasti con il diritto comunitario, in quanto il maggior grado di tutela previsto a livello interno per i tributi non armonizzati dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, per come interpretato dal diritto vivente della Corte di Cassazione, si muove in armonia piena con il principio di massimizzazione delle tutele, che consente ad un singolo ordinamento di apprestare livelli di protezione di un diritto fondamentale, quale è sicuramente quello al contraddittorio, più ampi rispetto a quelli garantiti dal sistema eurounitario per i tributi non armonizzati.

Tanto premesso, sugli effetti della violazione del termine dilatorio di cui all’ art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, è opportuno precisare, per quanto qui interessa, che esso è ritenuto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione applicabile, oltre che all’ipotesi di verifica, anche a quella di accesso, concludendosi anche tale accertamento con la sottoscrizione e consegna del processo verbale delle operazioni svolte (Cass. 05/02/2014, n. 2593) ed a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell’impresa, ivi compresi gli atti di accesso istantanei finalizzati all’acquisizione di documentazione, sia perché la citata disposizione non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata dell’accesso, in esito al quale comunque deve essere redatto un verbale di chiusura delle operazioni, sia perché, anche in caso di accesso breve, si verifica l’intromissione autoritativa dell’amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente, che deve essere controbilanciata dalle garanzie di cui al citato articolo 12 (Cass. 21/11/2018, n. 30026; Cass. 09/07/2014, n. 15624).

Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio.

Va anche considerato che, in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 (Cass. Civ., 10 aprile 2018, n. 8749), ben potendo, invece, l’amministrazione offrire come giustificazione dell’urgenza la prova che l’esercizio nell’imminenza della scadenza del termine sia dipeso da fattori ad essa non imputabili che hanno inciso sull’attività accertativa fino al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, a pena di vedere dissolta la finalità di recupero delle imposte ritenute non versate dal contribuente.

Non è, quindi, l’imminenza della scadenza del termine ad integrare l’urgenza, ma, semmai, l’insorgenza di fatti concreti e precisi che possono rendere giustificata l’attivazione dell’ufficio quando non può più essere rispettato il termine dilatorio a pena di vedere decaduta l’amministrazione (per esempio in caso di reiterate violazioni delle leggi tributarie aventi rilevanza penale oppure per la partecipazione del contribuente ad una frode fiscale come da Cass. Civ., Sez. 6-5, 2 luglio 2018, n. 17211).

Né la sanzione della illegittimità dell’avviso per il mancato rispetto del termine dilatorio dei sessanta giorni può essere irrogata solo qualora il contribuente dimostri che il minor termine gli ha precluso di predisporre una adeguata e specifica linea difensiva.

Tale termine deve essere, infatti, rispettato a prescindere dalla allegazione da parte del contribuente di avere subìto uno specifico nocumento alla propria difesa, non avendo potuto produrre nel ristretto lasso temporale concesso, osservazioni, memorie e documenti.

Il termine è, infatti, stabilito a presidio del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, espressione dei principi di collaborazione e di buona fede (Cassazione, Sez. Tributaria, ordinanze n. 27623/2018 e 16971/2019).

L’art. 12, comma 7, della legge 212/2000, dunque, non prevede, per le verifiche svolte nei locali del contribuente, la c.d. prova di resistenza al fine di rendere operante l’invalidità dell’atto emesso senza il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni.

AVV. MAURIZIO VILLANI

Avvocato Tributarista in Lecce

Patrocinante in Cassazione

www.studiotributariovillani.it

Lascia un commento