Paola Esposito (Psicologa del lavoro Psicoterapeuta)
L’epidemia da Sars Cov 2 che ha colpito l’intero pianeta, ha messo a dura prova le persone dal punto di vista economico-sociale e psicologico.
Lo stress psicologico vissuto in questi mesi è ancora altissimo, soprattutto per chi in questa difficile situazione sanitaria ha dovuto continuare a lavorare da casa, senza più distinguere lo spazio esterno da quello interno.
Lo spazio esterno riguarda la vita di relazioni delle persone, da quelle amicali a quelle lavorative fino alle normali interazioni quotidiane, ma non meno necessarie anche se instaurate con persone che incontriamo giornalmente, con le quali scambiamo semplici battute.
Gli scambi umani rappresentano per le persone la rete che supporta e che contiene nell’interazione con il mondo.
Nello spazio interno troviamo la famiglia, gli affetti più intimi, la casa con tutto ciò che rappresenta come ambiente di protezione e di accudimento.
Con la pandemia i due spazi di vita, si sono fusi e hanno creato una condizione mentale di enorme stress, ansia e spesso anche depressione.
In questo momento le persone si sentono relegate in una condizione di vita mai sperimentata fin’ora.
Un vissuto umano senza eguali, perché tutto si fonde insieme, in una condizione di assenza di confini, scompare per la prima volta la differenza tra vita lavorativa e vita privata.
In tutta questa situazione emergenziale l’utilizzo dello smart working è stato necessario e fondamentale per non fermare interi comparti economici.
Questa nuova organizzazione produttiva, ha evidenziato l’assenza del luogo di lavoro e il cambiamento dei rapporti umani, contribuendo a minare la salute mentale delle persone e anche la qualità del lavoro.
Lo smart working pur rimanendo un’opportunità in un momento difficile impatta notevolmente sulla qualità di vita del lavoratore che inevitabilmente ha bisogno per svilupparsi in maniera adeguata di stimoli provenienti dalla condivisione di tempi, di luoghi e di pensieri.
Il rapporto con i colleghi per rimanere integro deve necessariamente collocarsi fuori dalla sfera personale dell’individuo, perché è grazie a questa separazione che le persone riescono a lavorare su argomenti e problematiche comuni che caratterizzano la loro organizzazione di appartenenza.
La pandemia ha imposto senza possibilità di riflessione, per l’assenza di tempo a disposizione, un nuovo modello organizzativo della società.
Il lavoro svolto in casa, grazie all’ausilio di un computer è sembrato da subito la soluzione più comoda, senza stress, con meno impegno di risorse economiche e soprattutto meno tempo perso negli spostamenti, una condizione apparentemente ideale, ma dai risvolti psicologici tutt’altro che rassicuranti.
L’impatto più importante c’è stato sulle relazioni, perché il lavoro non si occupa solo della produzione di beni e/o servizi, ma bensì di costruzioni di rete sociale. Lavorare in gruppo senza incontrare fisicamente i colleghi, senza condividere con loro lo spazio fisico, il contatto visivo, impoverisce l’incontro umano, perché la presenza segna la differenza nell’incontro.
Lo smart workng determina irrimediabilmente una cattiva gestione del tempo, che va ben oltre l’impegno canonico richiesto dall’azienda, lo stesso viene percepito generalmente come un lavoro che può accompagnarsi facilmente con faccende domestiche o la cura delle persone che vivono in famiglia; perché il lavoro da casa nella percezione comune è considerato di serie “b”.
Un ulteriore svantaggio è quello di essere considerati dai colleghi che svolgono il lavoro in presenza, come dei privilegiati e per questo essere soggetti ad invidia.
Lo smart working priva il lavoratore di tutte quelle interazioni, così dette informali, alla macchinetta del caffè, in pausa pranzo, ecc, ma ugualmente strutturanti e significative per il rafforzamento della cultura aziendale.
Gli svantaggi dello smart working sono in linea generale:
- Il prolungamento del lavoro al di là del tempo richiesto;
- la frequente interruzione da parte di persone che sono presenti contemporaneamente nello stesso ambiente dove si svolge il lavoro, rappresentato il più delle volte la propria abitazione;
- il rischio di essere percepiti come lavoratori con compiti di scarso valore;
- la perdita di relazioni sociali nell’ambiente lavorativo.