La riforma del processo penale – analisi del disegno di legge

Enrico Sirotti Gaudenzi (avvocato)

Il disegno di legge sulla riforma del processo penale, A.C. 2435, recante la “delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari” è stato presentato dal Governo Conte II alla Camera dei Deputati il 13 marzo 2020; successivamente, col Governo Draghi, il Ministro della Giustizia Cartabia, nel marzo 2021, ha convocato una Commissione con lo scopo di elaborare delle proposte di riforma del processo penale e delle relative sanzioni, prendendo in esame anche la prescrizione del reato. La Commissione costituita ha presentato diversi emendamenti al testo originale concludendo l’esame il 30 luglio 2021.

Il citato disegno di legge prende in esame la riforma del processo penale che dovrebbe trovare attuazione nel termine di un anno, fatta eccezione per la riforma della disciplina della prescrizione del reato, che viene proposta come forma di disposizione immediatamente prescrittiva unitamente ad altre disposizioni. Il testo del disegno di legge è composto da due articoli: il primo che riguarda le deleghe al Governo che quest’ultimo dovrà esercitare entro un anno dall’entrata in vigore della legge; il secondo che contiene le riforme al codice penale e al codice di procedura penale.

Esaminiamo, di seguito, alcune delle modifiche più significative contenute nel disegno di legge.

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Le indagini preliminari e l’udienza preliminare. L’intenzione della riforma è quella di prevedere che il pubblico ministero, qualora non abbia elementi che consentano di formulare una ragionevole prognosi di condanna, debba necessariamente richiedere l’archiviazione.  Oltre a questo, la riforma vuole modificare i termini della durata delle indagini preliminari, facendo salva la possibilità di prorogarle nel caso in cui queste siano alquanto complesse, anche in funzione della gravità del reato.

I riti alternativi e il decreto penale. La riforma vuole rendere i riti alternativi più appetibili, utilizzandoli come strumento deflattivo del rito dibattimentale. Nel caso di patteggiamento, il Governo, con l’emanazione di legislativi, dovrà consentire che, qualora la pena detentiva superi i 2 anni, l’accordo tra imputato e pubblico ministero possa estendersi alle pene accessorie e alla confisca facoltativa riducendo, inoltre, gli effetti extra-penali della sentenza affinché questa non abbia efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare o in altre casistiche.

Il giudizio abbreviato, al contrario, dovrà essere modificato relativamente alle condizioni necessarie per l’accoglimento della richiesta. Questa dovrà essere subordinata a un’integrazione probatoria che potrà essere ammessa nel caso si renda necessaria per la decisione o nel caso in cui detto procedimento speciale consenta di economizzare i tempi del procedimento dibattimentale. Si dovrà prevedere, sempre all’interno del giudizio abbreviato, una riduzione di 1/6 della pena, nel caso in cui non venga proposta impugnazione da parte dell’imputato e un aumento del termine, a disposizione del Pubblico Ministero, da sei mesi a un anno, per chiedere l’emissione di detto decreto.

Il dibattimento. Il disegno di legge vuole introdurre alla fase del dibattimento alcune modifiche significative che hanno lo scopo di accelerare il procedimento: i giudici dovranno fissare e comunicare alle parti il calendario organizzativo delle udienze; le parti, a loro volta, dovranno illustrare le loro richieste di prova nei limiti strettamente necessari alla verifica dell’ammissibilità delle stesse.

Il giudizio monocratico. La proposta di riforma contiene modifiche che interessano il giudizio monocratico con l’introduzione di un’udienza predibattimentale in camera di consiglio da celebrarsi davanti a un giudice diverso da quello che sarà interessato al dibattimento. Il giudice, quindi, dovrà pronunciare la sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non permettano di prevedere una condanna; al contrario, nel caso in cui venga superata questa fase e il procedimento proceda nel modo ordinario, il giudice dovrà fissare l’udienza dibattimentale che verrà tenuta da un giudice diverso.

Le impugnazioni. Le impugnazioni sono interessate da proposte finalizzate a snellire il carico giudiziario. Relativamente al giudizio di appello vengono estese le attuali ipotesi di inappellabilità delle sentenze e viene previsto che l’appello debba essere trattato con rito camerale non partecipato, salva diversa richiesta dell’imputato o del suo difensore. Relativamente al giudizio in Cassazione, al contrario, la trattazione dei ricorsi deve avvenire con contraddittorio scritto, senza l’intervento dei difensori, salva la possibilità di richiesta delle parti di discussione orale. Viene poi introdotta una procedura non formale per dichiarare l’inammissibilità del ricorso o la sua manifesta infondatezza, permettendo l’opposizione a tale tipo di decisione, senza che ciò comporti la sospensione dell’esecuzione.

La condizione di procedibilità. La riforma vuole ampliare l’ambito di applicazione della procedibilità a querela, disponendo la procedibilità a querela per ulteriori reati contro la persona o contro il patrimonio che prevedano una pena non superiore, nel minimo, a due anni.

Al contempo la riforma vuole potenziare gli istituti della non punibilità per tenuità del fatto e della messa alla prova, per ridurre i casi nei quali il procedimento penale giunga al dibattimento. Viene prevista l’estensione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, relativamente a quei reati con pena edittale non superiore nel minimo i due anni, con la previsione di eccezioni per determinati reati e la preclusione per i reati di violenza sulle donne e di violenza domestica.

La messa alla prova. La riforma vuole estendere l’applicabilità della sospensione del procedimento penale con messa alla prova per specifiche ipotesi delittuose che prevedano una pena edittale detentiva non superiore nel massimo a sei anni, a condizione che vengano prestati percorsi risocializzanti o riparatori da parte degli autori di tali reati.

Il sistema sanzionatorio. Il sistema sanzionatorio prevede modifiche in funzione della finalità deflattiva, rivedendo la disciplina delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, da individuare nella semilibertà, nella detenzione domiciliare, nel lavoro di pubblica utilità e nella pena pecuniaria, ampliandone l’ambito di applicazione. Le nuove pene sostitutive (irrogabili entro il limite di 4 anni di pena inflitta) verranno direttamente disposte dal giudice di cognizione, al fine di alleggerire il carico dei giudici dell’esecuzione.

La digitalizzazione. La riforma prevede l’impegno di nuove tecnologie nel processo penale, digitalizzandolo, in considerazione dell’esperienza offerta nel corso della pandemia di questi anni. Con la riforma si conferma, pur in modo graduale, il principio generale della obbligatorietà dell’utilizzo di modalità digitali sia per il deposito di atti e documenti che per le comunicazioni e notificazioni, prevedendo che le modalità non telematiche vengano utilizzate solo in via eccezionale.

Le registrazioni audiovisive dell’interrogatorio e dell’assunzione di informazioni. Il Governo viene delegato a prevedere la possibilità della registrazione audiovisiva o l’audio-registrazione al fine di documentare un interrogatorio, l’assunzione di informazioni o la testimonianza, individuando i casi in cui, col consenso delle parti, dette attività possano avvenire a distanza o da remoto.

Le garanzie difensive. Il disegno di legge indica i principi e criteri per la modifica della disciplina delle notificazioni all’imputato, disponendo che solo la prima notificazione, nella quale egli prende conoscenza del procedimento a suo carico e quelle relative alla citazione a giudizio in primo grado e in sede di impugnazione, dovranno essere effettuate personalmente all’imputato. Viene ribadito, inoltre, che si possa procedere in assenza dell’imputato qualora vi sia la certezza della sua volontà a non partecipare al processo; in caso contrario il giudice è tenuto a pronunciare sentenza inappellabile di non doversi procedere al fine di procedere con ricerche dell’imputato.

l diritto all’oblio. Viene previsto che il decreto di archiviazione e la sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione siano titolo per l’emissione di un provvedimento di deindicizzazione, in linea con la normativa europea in ambito di dati personali, al fine di garantire il diritto all’oblio dei soggetti indagati o imputati.

La tutela della vittima. La riforma del processo penale prevede delle disposizioni per rafforzare la tutela alla vittima del reato e per introdurre una disciplina completa sulla giustizia riparativa.

La prescrizione e l’improcedibilità. Il disegno di legge interviene con disposizioni immediatamente applicabili sulla disciplina della prescrizione dei reati contenuta nel codice penale con lo scopo di: confermare le disposizioni previste dalla legge n. 3/2019, che prevede l’arresto del decorso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, qualunque sia l’esito;  escludere che il decreto penale di condanna, trattandosi di provvedimento emesso fuori dal contraddittorio delle parti, produca il medesimo effetto, reinserendolo tra gli atti interruttivi della prescrizione; prevedere che nel caso annullamento della sentenza, con conseguente regressione del procedimento ad un grado inferiore o ad una fase anteriore, la prescrizione riprenda il suo corso dalla pronuncia definitiva di annullamento, con la conseguenza che la disciplina contenuta nell’art. 159, comma, 2 c.p. venga riformulata e trasferita nel nuovo art. 161 bis c.p., rubricato “Cessazione del corso della prescrizione”.

Allo stesso modo viene disposta, con previsione immediatamente prescrittiva, l’improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione, al fine di assicurare tempi certi e ragionevoli ai giudizi di impugnazione che, ad ogni modo, non si potranno applicare nei procedimenti previsti per delitti puniti con l’ergastolo e nei casi in cui l’imputato vi rinunci espressamente. Il nuovo art. 344 bis prevede, infatti, termini di durata massima dei giudizi di impugnazione: 2 anni per l’appello e un anno per il giudizio di cassazione.

La mancata definizione del giudizio entro termini sopra indicati comporterà la declaratoria di improcedibilità dell’azione penale in quanto il giudice che accerterà il superamento di detti termini dovrà dichiarare di non doversi procedere.

I medesimi termini, però, possono essere prorogati dal giudice come segue: per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale, di associazione mafiosa e di scambio elettorale politico-mafioso, di violenza sessuale aggravata e di traffico di stupefacenti, il termine dei 2 anni in appello e di un anno in Cassazione può essere prorogato, per motivi legati alla complessità del giudizio, con successive proroghe, senza limiti di tempo; per i delitti aggravati dal metodo mafioso e dall’agevolazione mafiosa ai sensi dell’articolo 416 bis, comma1, possono essere concesse proroghe fino ad un massimo di 3 anni per l’appello e un anno e 6 mesi per il giudizio di legittimità (la durata massima del giudizio, per questi casi, sarà di 5 anni per l’ appello e di 2 anni e 6 mesi per il giudizio in Cassazione); per tutti gli altri reati è possibile, nel caso siano presenti motivi giustificativi, solo una proroga di un anno per il giudizio di appello e di 6 mesi per il giudizio in Cassazione (la durata massima, in tal caso, sarà di 3 anni per l’appello e di 1 anno e 6 mesi per la Cassazione).

La disciplina transitoria. Le modifiche che potranno interessare l’art. 578 c.p.p. prevedono una disciplina transitoria: le nuove norme in materia di improcedibilità troveranno applicazione solo nei procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020; per i procedimenti nei quali l’impugnazione è proposta entro la data del 31 dicembre 2024, i termini previsti sono, rispettivamente, di tre anni per il giudizio di appello e di un anno e sei mesi per il giudizio di cassazione.