Pernottamento al padre. Trieste verso un modello più flessibile di affido

Nota di commento a Tribunale di Trieste, 5.09.2018

di Valeria Cianciolo

Il fatto.

Dall’unione di una giovane coppia nasceva un bimbo. La coppia entrava in crisi subito dopo la nascita del figlio. Su ricorso della madre veniva chiesta al Tribunale  la regolamentazione delle modalità di affidamento del minore con un collocamento prevalente presso la madre, senza pernottamento col padre fino al compimento dei tre anni e un contributo al mantenimento oltre al 70% delle spese straordinari

Tenuto conto dell’età del minore, ormai svezzato, in assenza di elementi concreti nel senso di un’inadeguatezza del padre, il collegio triestino ha ritenuto di disporre una regolamentazione del collocamento con l’immediata introduzione dei pernotti, sebbene graduale.

Nella specie, in una prima fase la presenza del minore è stata prevista per una notte a settimana (dal mercoledì mattina, fino al giovedì alle 13:00 circa), per poi, a distanza di circa sei mesi, passare ad una seconda notte (dal mese di aprile 2019, dal lunedì alle 13.30 circa, fino a martedì alle 9:30 circa) e, dopo il compimento del terzo anno d’età, ad un ulteriore pernotto (il giovedì pomeriggio fino al venerdì mattina alle 9:30 circa, o, comunque, con accompagnamento all’asilo/scuola materna).

Questa modulazione del pernottamento del minore presso il padre è valutato in relazione alla sussistenza di uno specifico interesse dello stesso dopo la fase di “svezzamento”.

La decisione triestina favorisce, dunque, la circostanza del pernotto con il padre, con una indicazione sui tempi, come occasione funzionale al benessere del minore.

E’ nelle cose, infatti, che, per lo più, trascorrere periodi di convivenza anche con il genitore non affidatario rappresenti il miglior modo affinché il figlio possa conservare quel corretto e compiuto rapporto con entrambi i genitori, che, di solito, corrisponde all’interesse del figlio stesso.

L’affidamento congiunto

. Una prima importante conseguenza della necessità di decidere sempre allo scopo di tutelare al meglio l’interesse concreto della prole minorenne, va ravvisata nella individuazione del significato stesso di “affidamento ad entrambi i genitori” che va ravvisata, nel fatto che solo raramente l’affidamento condiviso potrà comportare anche la collocazione della prole presso entrambi i genitori. Salvo ipotesi assai particolari, in altri termini, l’affidamento “bigenitoriale” non ricalca il vecchio “affidamento alternato.

Spesso i contenziosi fra coniugi in sede di separazione sono incentrati sul “pernottamento del figlio.” In particolare, sono i papà che chiedono tempi tendenzialmente paritetici comprensivi del pernottamento con il figlio come momento di vera e propria condivisione.

Il vecchio affidamento alternato non si percepiva come strumento adeguato al concreto interesse della prole. Anzi, quasi solo critiche aveva sollevato in dottrina[1] e scarsa applicazione aveva trovato in giurisprudenza[2].

Questa diffidenza è rimasta sottesa nel sistema anche dopo la riforma del 2006.

Vi è da precisare invero, che la giurisprudenza di merito appare particolarmente sensibile ai diritti del padre del minore, discostandosi, in tema di pernottamento di figli in età prescolare, ma autonomi, dall’orientamento – peraltro apparso isolato – della giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto corretta la decisione di vincolare in concreto al raggiungimento dell’età di almeno quattro anni del minore la possibilità di restare per un intero giorno, e la notte seguente, presso il padre.[3]


[1]             Critici verso l’affidamento “alternato”, si erano manifestati: Canova, Grasso, Ancora sull’affidamento congiunto od alternato: interesse del minore o finzione giuridica?, in DFP, 1991, II, 740;Dell’Antonio, Il bambino conteso – il disagio infantile nella conflittualità dei genitori separati, Milano, 1993, 2aed., 124;Mengoni, 245 s.; Santosuosso,Scioglimento del matrimonio (diritto vigente), in ED, XLI, Milano, 1989, 686;Id.,Il matrimonio, in Giur. sist. Bigiavi, 3aed., Torino, 1989, 454; Trabucchi, Un nuovo divorzio. Il contenuto e il senso della riforma, in RDC, 1987, II, 138

[2]        Trib. Di Piacenza, 04.02.1986: “Il giudice del divorzio, qualora entrambi i coniugi ne facciano richiesta motivata, può ben disporre l’affidamento del figlio minore ad entrambi, tutte le volte in cui tra il minore ed i genitori vi siano ottimi rapporti, poiché una soluzione siffatta è, in linea di principio, la più opportuna in quanto consona all’interesse ottimale del minore stesso: la presenza alternata nei due nuclei familiari rende pressoché impossibile la strumentalizzazione della prole o la dissacrazione del partner assente ovvero, ancora, altri atteggiamenti distorti ed anomali che influiscono inevitabilmente in modo negativo sullo sviluppo psicofisico dei soggetti in età evolutiva, tanto più qualora l’identica situazione di fatto aveva caratterizzato, proficuamente, la pregressa separazione personale dei coniugi.” inDir. Famiglia, 1986, 183

[3]             Cass. civ. Sez. I, Sent., (ud. 14-06-2011) 26-09-2011, n. 19594.