Causa di servizio ed onere della prova: TAR Basilicata n. 77 del 2019

(di Rocchina Staiano Avvocato e Docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

Il lavoratore, appartenente all’Arma dei Carabinieri, agli inizi del 2003 ha iniziato a soffrire di disturbi di natura cardiovascolare, ha presentato domanda per il riconoscimento di dipendenza da causa di servizio delle infermità: “epatopatia cronica; ipertensione arteriosa medio -grave”. La Commissione medica istituita presso l’Ospedale militare ha riscontrato la sussistenza dell’infermità: “cardiopatia ipertensiva in discreto compenso”, ascrivendo i disturbi cardiovascolari riscontrati alla VII categoria della tabella A di cui al d.P.R. n. 30.12.1981, n. 834. Di conseguenza, il Ministero della difesa ha trasmesso al Comitato di verifica per le cause di servizio, per i relativi adempimenti. Quest’ultimo si è pronunziato con decreto di diniego, stabilendo che detta infermità non può ritenersi dipendente da causa di servizio. Contro il decreto di diniego il lavoratore ha presentato ricorso al TAR. Il T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 26 gennaio 2019, n. 77 ha rigettato il ricorso del lavoratore, affermando che il lavoratore non ha provato o quantomeno allegato specifici episodi di servizio di eccezionale gravosità o abnorme disagio ambientale e lavorativo. Pertanto, parte ricorrente non ha assolto l’onere di fornire gli elementi di prova rientranti nella propria disponibilità riguardanti fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni, ai sensi degli articoli 63 e 64 del codice del processo amministrativo.

SENTENZA

FATTO

1. Con il ricorso in esame, notificato il 23 ottobre 2007 e depositato il successivo 22 novembre, -OMISSIS-, -OMISSIS-dell’Arma dei Carabinieri in epigrafe, di reiezione della domanda di dipendenza da causa di servizio dell’infermità “cardiopatia ipertensiva in discreto compenso”, con conseguente diniego della connessa domanda di equo indennizzo.

1.1. In punto di fatto, il deducente ha esposto quanto segue:

– ha prestato servizio per più lustri presso il Nucleo operativo radiomobile del Comando dei Carabinieri di -OMISSIS-;

– agli inizi del 2003 ha iniziato a soffrire di disturbi di natura cardiovascolare;

– sulla scorta di diagnosi del medico di fiducia, in data -OMISSIS-ha presentato domanda per il riconoscimento di dipendenza da causa di servizio delle infermità: “epatopatia cronica; ipertensione arteriosa medio -grave”.

– nella seduta del-OMISSIS-, la Commissione medica istituita presso l’Ospedale militare “L. Bonomo” di Bari ha riscontrato la sussistenza dell’infermità: “cardiopatia ipertensiva in discreto compenso”, ascrivendo i disturbi cardiovascolari riscontrati alla VII categoria della tabella A di cui al d.P.R. n. 30.12.1981, n. 834;

– in data-OMISSIS-, il Ministero della difesa ha trasmesso al Comitato di verifica per le cause di servizio, per i relativi adempimenti. Quest’ultimo, con il contestato parere, si è pronunziato nel senso che detta infermità non può ritenersi dipendente da causa di servizio;

– è poi sopravvenuto l’impugnato decreto di diniego n. -OMISSIS-reso in data -OMISSIS-.

1.2. In diritto, parte ricorrente ha dedotto, con unico motivo, la violazione di legge e l’eccesso di potere.

2. Si è ritualmente costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, concludendo per il rigetto del ricorso per sua infondatezza.

3. Alla pubblica udienza del 22 gennaio 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato alla stregua della motivazione che segue.

In primo luogo, si è dedotto che il parere del Comitato di verifica delle cause di servizio – CVCS, sarebbe stato espresso senza alcuna considerazione degli eventi del servizio che rappresenterebbero i fattori concausali della malattia, e in particolare con lo svolgimento, da parte del ricorrente, di servizi implicanti, nel corso dei trent’anni di servizio, una lunga esposizione a “strapazzi” e “disagi” ontologicamente connessi alla sua prestazione lavorativa», risultando “in numerosissime occasioni” impegnato in azioni di prevenzione e repressione dell’attività criminale, nonché nel servizio di controllo del traffico stradale.

La tesi va respinta. Secondo una costante giurisprudenza, da cui non ravvisano ragioni per discostarsi, gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti, rientrano nella discrezionalità tecnica dei predetti Comitati, che pervengono alle relative conclusioni assumendo a base le cognizioni della scienza medica e specialistica. Da ciò consegue che il sindacato su detti giudizi è consentito esclusivamente nelle ipotesi di evidenti vizi logici, desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi l’inattendibilità metodologica delle conclusioni a cui è pervenuta l’Amministrazione (Cons. Stato, sez. II, 28 gennaio 2014, n. 310; id, sez. III, 14 luglio 2009, n. 1599; id, sez. VI, 10 luglio 2001, n. 9360). Ebbene, nel caso in esame, il parere del Comitato appare esente da tali vizi, né risulta frutto di una carente istruttoria, in quanto risulta espressamente che l’organo ha «esaminato e valutato» senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti.

Né quanto argomentato dal Comitato può essere superato da quanto dedotto dal ricorrente. Invero, non sono stati provati o anche solo allegati specifiche episodi di servizio risultati particolarmente gravosi, eccezionali ed esorbitanti rispetto agli ordinari compiti d’istituto, come tali idonei ad incidere in maniera determinante sul manifestarsi delle infermità di che trattasi, quantomeno sul piano concausale, non rilevando, di contro, circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (T.A.R. Basilicata, 8 luglio 2014, n. 439; Cons. Stato, sez. II, 11 dicembre 2013, n. 4817). Se è vero infatti che non può escludersi il nesso eziologico, quanto meno sotto il profilo concausale, tra il servizio prestato e l’insorgenza di una infermità, è peraltro indubbio che il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle patologie deve pur sempre essere ancorato a precisi riscontri medico scientifici e a specifici fatti che, evidentemente, non possono coincidere con lo svolgimento ordinario del servizio stesso, per quanto gravoso esso sia risultato.

L’adibizione alle mansioni predette, in altri termini, non è di per sé sufficiente a dimostrare la dipendenza della malattia da causa di servizio, trattandosi di incarichi che non eccedono la soglia dell’impegno psicofisico ordinariamente richiesto agli appartenenti all’Arma dei Carabinieri.

Peraltro, non è stato prodotto alcun supporto scientifico o probatorio riferito al caso di specie, recando il ricorso considerazioni di carattere generale, meri richiami a massime giurisprudenziali e pervenendo ad affermazioni di carattere assertivo.

1.1. In ordine alla richiesta formulata nel ricorso dalla difesa del ricorrente di disporre apposita consulenza tecnica d’ufficio, il Collegio non ritiene sussisterne i presupposti. Come si è infatti innanzi precisato, parte ricorrente non ha provato o quantomeno allegato specifici episodi di servizio di eccezionale gravosità o abnorme disagio ambientale e lavorativo. Pertanto, parte ricorrente non ha assolto l’onere di fornire gli elementi di prova rientranti nella propria disponibilità riguardanti fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni, ai sensi degli articoli 63 e 64 del codice del processo amministrativo. Ciò preclude al giudice amministrativo l’esercizio di poteri officiosi (TAR Campania, sez. VI, 5 giugno 2013, n.2912; TAR Veneto sez. II, 9 maggio 2013, n.679). Invero, la consulenza tecnica d’ufficio non può essere disposta qualora la parte tenda con essa a supplire alle deficienze delle proprie allegazioni od offerte di prova ovvero a compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi di fatto o circostanze non provati (TAR Campania, sez. VII, 13 maggio 2013, n.2458; TAR Lombardia, sez. II, 5 marzo 2013, n.592).

2. Dalle considerazioni che precedono discende il rigetto del ricorso.

3. Sussistono giusti motivi, avuto riguardo alla natura della questione, per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando sul ricorso, per come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, n. 8 d.lgs. 196/2003, manda alla segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.