NASPI E DETENUTE

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

L’INPS, con Messaggio 5 marzo 2019, n. 909, fornisce chiarimenti in ordine all’erogabilità della prestazione di disoccupazione nei confronti del detenuto impegnato in attività di lavoro presso l’Istituto penitenziario ove si trova ristretto.

In base alla presente circolare si stabilisce che ai soggetti detenuti in Istituti penitenziari, che svolgano attività lavorativa retribuita all’interno della struttura ed alle dipendenze della stessa, non può essere riconosciuta la prestazione di disoccupazione in occasione dei periodi di inattività in cui essi vengano a trovarsi. È fatto salvo, invece, il diritto dei medesimi soggetti detenuti presso Istituti penitenziari alla indennità di disoccupazione da licenziamento nel caso in cui il rapporto di lavoro si sia svolto con datori di lavoro diversi dall’Amministrazione penitenziaria. Sul piano contributivo, tuttavia, gli Istituti penitenziari sono comunque tenuti al versamento della contribuzione contro la disoccupazione per i detenuti che svolgono attività alle loro dipendenze. Sotto il profilo assicurativo, detta contribuzione sarà utile – nel caso di cessazione involontaria da un rapporto di lavoro con datori di lavoro diversi dall’Istituto penitenziario – ai fini della prestazione di disoccupazione NASpI, qualora rientrante nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

Si rammenta infine che, secondo quanto disposto dalla legge 28 febbraio 1987, n. 56, i detenuti che già godevano del diritto all’indennità di disoccupazione prima che iniziasse lo stato di detenzione continuano ad averne diritto anche durante il periodo di detenzione, salvi i casi di revoca giudiziale della prestazione.

DIECI DELEGHE AL GOVERNO E NOVITÀ’ SUL LAVORO

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

La PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, con Comunicato 28 Febbraio 2019, n. 48, rende noto che il Consiglio dei Ministri si è riunito il 28 febbraio 2019, alle ore 20.33 a Palazzo Chigi ed ha approvato dieci disegni di legge di delega al Governo per le semplificazioni, i riassetti normativi e le codificazioni di settore. I testi approvati, alcuni dei quali sono collegati alla legge di bilancio per il 2019, fanno seguito e superano, ampliandone la portata, il disegno di legge in materia di semplificazione approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 dicembre.

Tra le 10 deleghe, si delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di semplificazione e riassetto delle norme in materia di lavoro, al fine di creare un sistema organico di disposizioni in materia e di rendere più chiari i principi regolatori delle disposizioni già vigenti e costruire un complesso armonico di previsioni di semplice applicazione, a tutela dei diritti dei lavoratori e dei datori di lavoro.

Tra le principali previsioni:

– si pone l’attenzione sulla materia dell’apprendistato al fine di semplificare gli adempimenti posti in capo al datore di lavoro in ordine agli obblighi di formazione;

– si interviene in materia di servizi per l’impiego, compreso il collocamento mirato, e di politiche del lavoro, nonché dei relativi sistemi informativi di supporto, al fine di razionalizzare le funzioni e i compiti in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali alle politiche del lavoro;

– si razionalizzano e riorganizzano le agenzie, gli enti o gli organismi facenti capo all’amministrazione statale che svolgono compiti in materia di servizi per l’impiego e politiche del lavoro, ivi compresi quelli preposti all’analisi delle politiche pubbliche, anche attraverso il loro accorpamento;

– si eliminano i livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti per l’adeguamento alla normativa europea e si prevede l’obbligo per l’amministrazione di rendere facilmente conoscibili e accessibili le informazioni e i dati in materia (oltre alla relativa modulistica), assicurando al contempo l’integrazione e lo scambio di dati tra le amministrazioni dello Stato e altri soggetti pubblici e privati.

ALIQUOTE CONTRIBUTIVE PER LE AZIENDE AGRICOLE PER IL 2019

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

L’INPS, con circolare 07 marzo 2019, n. 37, comunica le aliquote contributive applicate, per l’anno 2019, alle aziende che operano nel settore dell’agricoltura, che impiegano operai a tempo indeterminato e a tempo determinato ed assimilati.

Nel calcolo delle aliquote contributive previste per le aziende che operano nel settore dell’agricoltura si deve tener conto delle disposizioni in materia contributiva stabilite dal D.lgs 16 aprile 1997, n. 146. L’articolo 3, comma 1, del citato decreto prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 1998, le aliquote contributive dovute al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD) dai datori di lavoro agricolo, che impiegano operai a tempo indeterminato e a tempo determinato ed assimilati, siano elevate annualmente della misura di 0,20 punti percentuali a carico del datore di lavoro, sino al raggiungimento dell’aliquota complessiva del 32%, a cui si deve aggiungere l’incremento di 0,30 punti percentuali di cui all’articolo 1, comma 769, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Per l’anno 2019, quindi, l’aliquota contributiva di tale settore è fissata nella misura complessiva del 29,10%, di cui l’8,84% a carico del lavoratore.

Enasarco e contributi sospesi

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

L’ENASARCO, con Comunicato 25 febbraio 2019, rende noto che è prorogato al 01/06/2019 il termine per il pagamento dei contributi sospesi per le imprese preponenti colpite dagli eventi sismici del 24 agosto 2016, 26 e 30 ottobre 2016 e 18 gennaio 2017.

Entro questa scadenza i contributi potranno essere saldati in un’unica soluzione, senza applicazione di sanzioni e interessi, oppure mediante rateizzazione fino a un massimo di 120 rate mensili di pari importo (ciascuna rata non potrà comunque essere inferiore a € 50,00).

Per la rateizzazione dei contributi sospesi è comunque necessario inviare la domanda entro il 30/04/2019. La richiesta va presentata tramite PEC, all’indirizzo imprese preponenti.contribuzioni@pec.enasarco.it, specificando nell’oggetto “Sisma – richiesta rateizzazione contributi sospesi”, compilando il modello 2157/2017.

In ogni caso non si procede alla restituzione dei contributi già versati, così come previsto dalla legge.

Modulo per presentare la domanda per ricevere il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

Il d.l. 28 gennaio 2019, n. 4 disciplina il Reddito di Cittadinanza, che è un sostegno per famiglie in condizioni disagiate finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale. Consiste in un beneficio economico accreditato ogni mese sulla Carta RdC, una nuova carta prepagata, diversa da quelle rilasciate per altre misure di sostegno.

Per i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più persone di età pari o superiore a 67 anni, il Reddito di Cittadinanza assume la denominazione di Pensione di Cittadinanza.

L’INPS ha pubblicato, sul proprio sito internet, il modulo per fare la domanda per il nuovo Reddito di Cittadinanza e la Pensione di cittadinanza.

La domanda potrà essere inviata a partire dal 6 marzo 2019.

Società cooperative e trattamento retributivo: cass. Civ., n. 5189/2019

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

La Corte d’appello di Genova ha respinto l’appello proposto dalla società cooperativa  avverso la sentenza con cui la società datoriale e la committente erano state condannate, in solido, a corrispondere al lavoratore le differenze retributive calcolate in base al c.c.n.l. Pulizie e Multiservizi, anziché in base ai contratti collettivi Commercio Cisal e Portieri e Custodi. La Corte di merito ha confermato l’applicabilità al socio lavoratore dei trattamenti economici complessivi previsti dal c.c.n.l. Multiservizi, in base alle disposizioni degli artt. 3 e 6, L. n. 142 del 2001 e dell’art. 7, comma 4, D.L. n. 248 del 2007, convertito in L. n. 31 del 2008; inoltre, in base all’art. 118, D.Lgs. n. 163 del 2006, in quanto riferibile anche agli appalti affidati da imprese private con partecipazione pubblica.

La società cooperativa ha presentato ricorso per cassazione, la Cass. civ., sez. lav., con sentenza n. 5189 del 21 febbraio 2019 ha rigettato il ricorso e, riferendosi alle previsioni dell’art. 3 della legge n. 142/2001 e dell’art. 7 della legge n. 248/2007, ha previsto che ai lavoratori delle società cooperative deve essere assicurato un trattamento economico complessivo non inferiore ai minimi contrattuali previsti per analoghe mansioni dal CCNL di settore o della categoria affine, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Tale principio non contraddice il principio del pluralismo di associazione sancito dalla nostra Costituzione, in quanto la scelta operata a suo tempo dal Legislatore di garantire dei minimi inderogabili non impedisce al datore di lavoro cooperativo di individuare un contratto collettivo da applicare. La scelta dei minimi complessivi inderogabili va correlata anche a quanto affermato dall’art. 36 della Costituzione ed è una finalità legittima destinata a combattere forme di dumping salariale.

Licenziamento, permessi sindacali ed utilizzo personale: Cassazione Civile n.4943/2019

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

Il dipendente della società proponeva reclamo avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Treviso, con cui venne respinta la sua domanda diretta all’accertamento dell’illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli dalla società per avere, nel corso di quattro giornate di assenza per permessi sindacali (18, 19, 20 e 21 marzo 2014), svolto attività ricreative ed avulse dalle finalità sindacali dei permessi accordati, ed in particolare la partecipazione alle riunioni degli organismi sindacali per i quali i permessi erano stati richiesti.

La Corte d’appello di Venezia, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava l’illegittimità del licenziamento e, in base al comma 4 dell’art. 18 L. n. 300/1970 novellato, condannava la società alla reintegra del dipendente nel suo posto di lavoro, rinviando con separata ordinanza la causa ai fini della quantificazione del risarcimento del danno.

La società propone ricorso per cassazione, la Cass. civ., sez. lav., con sentenza n. 4943 del 20 febbraio 2019 accoglie il ricorso della società, stabilendo che i permessi sindacali retribuiti previsti dall’art. 30 St.Lav. per i dirigenti provinciali e nazionali delle organizzazioni sindacali possono essere utilizzati soltanto per la partecipazione a riunioni degli organi direttivi, come risulta dal raffronto con la disciplina dei permessi per i dirigenti interni, collegati genericamente all’esigenza di espletamento del loro mandato, e come è confermato dalla possibilità per i dirigenti esterni di fruire dell’aspettativa sindacale; ne consegue che l’utilizzo per finalità diverse dei permessi (nella specie, preparazione delle riunioni e attuazione delle decisioni) giustifica il licenziamento disciplinare. Inoltre, la Corte – prosegue – specifica che l’indebita utilizzazione dei permessi non si traduce in un inadempimento ma rivela l’inesistenza di uno degli elementi costitutivi del diritto; ne consegue che, in caso di contestazione, qualora il lavoratore, su cui grava il relativo onere, non fornisca la prova dell’esistenza del diritto, trovano applicazione le regole ordinarie del rapporto di lavoro e l’assenza del dipendente è ritenuta mancanza della prestazione per causa a lui imputabile.

SENTENZA PER ESTESO

Svolgimento del processo

F.Z., dipendente della s.r.l. S.O., proponeva reclamo avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Treviso il 29.11.16, con cui venne respinta la sua domanda diretta all’accertamento dell’illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli dalla società l’8.4.14 per avere, nel corso di quattro giornate di assenza per permessi sindacali (18, 19, 20 e 21 marzo 2014), svolto attività ricreative ed avulse dalle finalità sindacali dei permessi accordati, ed in particolare la partecipazione alle riunioni degli organismi sindacali per i quali i permessi erano stati richiesti (pag.7 ricorso S.O.).

Nella resistenza della società, la Corte d’appello di Venezia, con sentenza non definitiva depositata il 5.7.17, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava l’illegittimità del licenziamento e, in base al comma 4 dell’art. 18 L. n. 300\70 novellato, condannava la società alla reintegra dello Z. nel suo posto di lavoro, rinviando con separata ordinanza la causa ai fini della quantificazione del risarcimento del danno.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società, affidato a quattro motivi.

Resiste lo Z. con controricorso.

Con sentenza definitiva depositata il 29.9.17, la medesima Corte d’appello quantificava in dodici mensilità l’indennità dovuta allo Z. ex art. 18 L. n. 300\70, detratto l’aliunde perceptum pari ad €.8.615, oltre accessori dalla data del licenziamento, condannando la società al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali maturati.

Per la cassazione di tale ultima sentenza propone successivo ricorso la società, affidato ad unico motivo.

Resiste lo Z. con controricorso.

Motivi della decisione

I ricorsi proposti debbono essere riuniti ai sensi dell’art. 151 disp.att. c.p.c., stante la loro evidente connessione.

Venendo all’esame del primo ricorso si osserva:

1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e\o falsa applicazione dell’art. 18 L. n. 300\70, in relazione agli artt. 23, 24 e 30 stessa legge, ed agli artt. 2119, 1175, 1375, 2104 e 2106 c.c.

Lamenta che secondo l’impugnata sentenza la qualificazione dei permessi richiesto per lo Z. dalla UILM sarebbe irrilevante: “sia che si trattasse di assenza per permesso ex art. 23 … sia che si trattasse di permesso ex art. 30; la contestazione in ogni caso riguardava non l’assenza ingiustificata dal lavoro, quanto l’utilizzo del permesso per finalità diverse da quelle previste e richieste, con la conseguenza che nel caso di permessi ex art. 23 il datore di lavoro non poteva neppure svolgere alcun controllo, mentre il mancato svolgimento dell’attività sindacale di cui al permesso ex art. 30, se dimostrato, avrebbe al più consentito al datore di lavoro di chiedere la restituzione delle somme retribuite corrisposte nei giorni in contestazione, senza conseguenze sul piano del rapporto di lavoro”.

La sentenza impugnata perveniva quindi alla conclusone che l’indebita utilizzazione di permessi richiesti ex art. 30 St. lav. comporterebbe soltanto la perdita del diritto alla relativa retribuzione e non un’assenza ingiustificata disciplinarmente sanzionabile.

2. – Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per mancanza assoluta della motivazione su questione decisiva e cioè la partecipazione dello Z. alle riunioni sindacali indicate nei moduli di richiesta dei permessi e comunque lo svolgimento di attività sindacale.

3. – Il primo motivo del primo ricorso risulta avere carattere assorbente ed è, ad avviso della Corte, fondato.

Osserva infatti il Collegio che la sentenza impugnata ha erroneamente equiparato, per i fini che qui interessano, i permessi richiesti ex art. 23 L. n. 300\70 a quelli richiesti ex art. 30.

A tal riguardo deve rammentarsi che mentre l’art. 23 stabilisce che “i dirigenti delle r.s.a. (ora r.s.u.) di cui all’art. 19 hanno diritto, per l’espletamento del loro mandato, a permessi retribuiti”, l’art. 30 stabilisce che “I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni (sindacali) di cui all’art. 19 hanno diritto a permessi retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti”.

E’ evidente che mentre le attività in genere necessarie per l’espletamento del mandato sindacale non sono controllabili (Cass. n. 5223\01, n. 14128\99, n. 11573\97), ma comunque censurabili specie laddove si accerti che il permesso (anche ex art. 23 L. n. 300\70) venga utilizzato per fini personali (Cass. n. 454\03), la partecipazione alle riunioni degli organi direttivi può essere naturalmente controllabile ed in caso di accertata mancata partecipazione certamente sanzionabile.

Come osservato da questa Corte (Cass. n. 4302\01, n. 5086\01, n. 5223\01), i permessi sindacali retribuiti previsti dall’art. 30 St.Lav. per i dirigenti provinciali e nazionali delle organizzazioni sindacali possono essere utilizzati soltanto per la partecipazione a riunioni degli organi direttivi, come risulta dal raffronto con la disciplina dei permessi per i dirigenti interni, collegati genericamente all’esigenza di espletamento del loro mandato, e come è confermato dalla possibilità per i dirigenti esterni di fruire dell’aspettativa sindacale; ne consegue che l’utilizzo per finalità diverse dei permessi (nella specie, preparazione delle riunioni e attuazione delle decisioni) giustifica la cessazione dell’obbligo retributivo da parte del datore di lavoro, che è abilitato ad accertare l’effettiva sussistenza dei presupposti del diritto. Inoltre, prosegue la giurisprudenza citata, l’indebita utilizzazione dei permessi non si traduce in un inadempimento ma rivela l’inesistenza di uno degli elementi costitutivi del diritto; ne consegue che, in caso di contestazione, qualora il lavoratore, su cui grava il relativo onere, non fornisca la prova dell’esistenza del diritto, trovano applicazione le regole ordinarie del rapporto di lavoro e l’assenza del dipendente è ritenuta mancanza della prestazione per causa a lui imputabile.

Nella specie risulta dagli accertamenti svolti dalla datrice di lavoro – contestati allo Z. e da questi solo genericamente confutati, ovvero contrastati solo sotto il profilo della natura dei permessi (in tesi concessi ex art. 23 e non 30 L. n. 300\70) – che egli durante i permessi retribuiti si dedicò ad attività ricreative o personali del tutto avulse dai permessi ottenuti e comunque non partecipò alle riunioni degli organi direttivi dell’organizzazione sindacale per cui ottenne taluni dei permessi in questione.

La sentenza impugnata ha quindi erroneamente ritenuto che ‘l’eventuale condotta abusiva non avrebbe alcuna conseguenza risolutiva del rapporto, giustificando al più l’adozione del provvedimento di ritenzione della retribuzione (pag. 15 sentenza impugnata).

Già sotto tale profilo la pronuncia merita di essere cassata in base alle considerazioni sopra svolte.

Essa tuttavia contiene una seconda affermazione, e cioè (cfr. pag. 15) che durante le assenze per i permessi sindacali accordatigli, lo Z., come riferito dalla teste B. nella prima fase sommaria dinanzi al Tribunale, aveva svolto le attività richieste dall’associazione sindacale di appartenenza, consistenti nello studio di normativa fiscale, assistenza per pratiche contributive, preparazione di discorso in vista delle successive elezioni sindacali.

La sentenza ha inoltre ritenuto che i permessi sindacali de quibus vennero concessi ex art. 23 L. n. 300\70 (e non ex art. 30), ciò desumendo dalla circostanza che nella contestazione disciplinare riportata nel presente ricorso non era addebitato in alcun modo allo Z. la mancata partecipazione a riunioni del comitato direttivo (rilevanti ex art. 30).

Anche sotto questo profilo la sentenza impugnata risulta erronea.

Ed invero tale ultima affermazione non configura un accertamento (insindacabile) da parte del giudice di merito ma una supposizione, o presunzione, non suffragata da elementi gravi, precisi e concordanti, stante il contrasto col fatto che lo stesso Z., com’è pacifico, nella prima fase del primo grado parlò di permessi ex art. 30 e solo in sede di opposizione dedusse trattarsi di permessi ex art. 23; che il Tribunale, nella sentenza di opposizione, accertò trattarsi di permessi ex art. 30. Resta in ogni caso la decisiva circostanza che la contestazione S.O. reca, tra l’altro, che “il giorno 21 marzo 2014, sebbene assente per permesso sindacale ..quale componente del comitato direttivo della UILM…svolgeva attività assolutamente incompatibili per luogo e tempo con le finalità del permesso richiesto e concesso..”, e qui il riferimento al permesso ex art. 30 è evidente. La stessa dizione risulta poi per le contestazioni inerenti i giorni 18, 19 e 20.3.14.

Dunque, in presenza di presunzioni, gravi, precise e concordanti di segno opposto, la Corte di merito, partendo dall’erroneo presupposto che non vi era giuridica distinzione -per quanto qui interessa: sanzionabilità disciplinare- tra permessi ex art. 23 e 30, ha desunto erroneamente dalle contestazioni disciplinari de quibus che trattavasi unicamente di permessi ex art. 23 (che pure sono sanzionabili in caso di loro indebito utilizzo, Cass. n. 454\03), omettendo di considerare che i permessi retribuiti per i giorni 18, 19, 20 e 21 marzo 2014 erano stati concessi allo Z. non per il mero svolgimento di attività sindacale ex art. 23, ma quale componente degli organi direttivi dell’organizzazione sindacale per la partecipazione alle riunioni degli organi direttivi, ed è superfluo osservare che solo i permessi ex art. 30 riguardano i componenti degli organi direttivi delle oo.ss per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.

Derivando da ciò la sanzionabilità del comportamento dello Z., la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, per l’ulteriore esame della controversia alla luce dei principi esposti, oltre che per la regolamentazione delle spese, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

I restanti motivi, così come il secondo ricorso proposto dalla società avverso la sentenza definitiva, restano assorbiti.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi n.r.g. 20055\17 e 28117\17; accoglie il primo motivo del primo ricorso nei termini di cui in motivazione e dichiara assorbiti i restanti nonché il secondo ricorso proposto avverso la sentenza definitiva.

Cassa la sentenza non definitiva impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

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Tfr e coefficiente di valutazione per gennaio 2019

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

Le quote di TFR, accantonate al 31 dicembre 2018, vanno rivalutate per il mese di gennaio 2019 dello 0,198457%. Nella presente tabella troverete gli aggiornamenti del 2018-2019:

TFR: il coefficiente di rivalutazione 2018-2019

anno mese TFR maturato fino al periodo compreso tra coefficiente di rivalutazione (%)
2019 gennaio 15 gen – 14 feb 0,198457
2018 dicembre 15 dic – 14 gen 2,241840
2018 novembre 15 nov – 14 dic 2,191024
2018 ottobre 15 ott – 14 nov 2,214392
2018 settembre 15 set – 14 ott 2,089392
2018 agosto 15 ago – 14 set 2,335312
2018 luglio 15 lug – 14 ago 1,913576
2018 giugno 15 giu – 14 lug 1,566024
2018 maggio 15 mag – 14 giu 1,292656
2018 aprile 15 apr – 14mag 0,945104
2018 marzo 15 mar – 14apr 0,820104
2018 febbraio 15 feb – 14mar 0,546736
2018 gennaio 15 gen – 14 feb 0,421736
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Credito ed accordo in materia di molestie e violenze di genere nei luoghi di lavoro

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

Nel settore bancario, il 12 febbraio 2019, in Roma, ABI e FABI, FIRST-CISL, FISAC-CGIL, UILCA, UNISIN FALCRI SILCEA SINFUB hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta in materia di molestie e violenze di genere nei luoghi di lavoro. Nello specifico, convengono che ogni atto o comportamento che si configuri come molestia o violenza di genere sul luogo di lavoro secondo la predetta definizione è inaccettabile. È importante che ogni comportamento che integri molestia o violenza di genere sia prevenuto e, ove si realizzi, segnalato e perseguito adeguatamente. Varie sono le forme di molestie/violenze di genere che possono presentarsi sul luogo di lavoro. Esse possono essere di natura fisica o psicologica, costituire incidenti isolati o comportamenti più sistematici. Il rispetto della dignità e della professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori si concretizza in un contesto capace di prevenire e contrastare situazioni di violenze e di molestie e di diffondere una cultura del rispetto di genere. In particolare, la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori non può essere violata da comportamenti che integrano molestia o violenza di genere.

Proroga ed ampliamento del congedo di paternità e mess. Inps n. 591 del 2019

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

L’INPS, con mess. 13 febbraio 2019, n. 591 rende noto che l’art. 1, comma 278, lett. a), della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), ha stabilito che le disposizioni relative al congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti si applicano anche alle nascite e alle adozioni/affidamenti avvenute nell’anno solare 2019. Nello specifico, il messaggio precisa che la durata del congedo obbligatorio è aumentata, per l’anno 2019, a 5 giorni da fruire, anche in via non continuativa, entro i 5 mesi di vita o dall’ingresso in famiglia o in Italia (in caso di adozione/affidamento nazionale o internazionale) del minore.

Per il settore agricolo la disciplina in merito è stata dettata con la circolare n. 181/2013, che ha fornito le istruzioni operative per la denuncia sul modello DMAG delle giornate di congedo fruite dal lavoratore il cui importo è stato anticipato dal datore di lavoro.

Per le modalità operative di fruizione del giorno di congedo facoltativo si rinvia alle istruzioni fornite con la circolare INPS n. 40 del 2013.

Libro unico del lavoro e D.L. semplificazioni

(di Rocchina Staiano Avvocato, Docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

Il 7 febbraio 2019, la Camera dei deputati ha approvato, in via definitiva, il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione (c.d. Decreto Semplificazioni). L’articolo 3, comma 1, del decreto in esame elimina l’obbligo della modalità telematica per la tenuta del Libro unico del lavoro. Nello specifico, viene abrogato l’art. 15 del D.Lgs. 151/2015 che prevedeva, a decorrere dal 1° gennaio 2019 (termine originariamente fissato al 1° gennaio 2017 e differito, da ultimo, dall’art. 1, c. 1154, della L. 205/2017), che il Libro unico del lavoro fosse tenuto in modalità telematica presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che demandava ad apposito decreto ministeriale l’individuazione delle modalità tecniche ed organizzative per l’interoperabilità, la tenuta, l’aggiornamento e la conservazione dei dati contenuti nel citato Libro unico.

Trattamento di mobilità e mess. Inps del 2019

(di Rocchina Staiano Avvocato e Docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

L’Inps, con mess. n. 322 del 24 gennaio 2019, ha integrato la circ. n. 90 del 2018, che prende in considerazione l’art. 25ter del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni con la legge 17 dicembre 2018, n. 136,  il quale, al comma 1, stabilisce che il trattamento di mobilità in deroga in deroga per i lavoratori occupati in aziende localizzate nelle aree di crisi industriale complessa – articolo 1, comma 142, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 – è concesso, per dodici mesi, anche in favore dei lavoratori che hanno cessato o cessano la mobilità ordinaria o in deroga dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2018.

Gli operatori delle Strutture territoriali, nel liquidare la prestazione, dovranno controllare che il nominativo abbia terminato un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga non più nel semestre dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2018, bensì nel periodo dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2018. Resta confermato il controllo che la prestazione concessa dalla Regione sia senza soluzione di continuità rispetto alla precedente mobilità ordinaria o in deroga. Qualora non ricorrano queste due condizioni, non si potrà procedere al pagamento della prestazione. In tali casi la Struttura interessata dovrà darne notizia alla propria Direzione regionale, che informerà la Regione per i successivi adempimenti di competenza.

Agevolazione per la frequenza di asili nido pubblici e privati e Circolare Inps del 2019

(di Rocchina Staiano Avvocato e Docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

L’Inps, con la circolare n. 14 del 31 gennaio 2019, ha fornito le istruzioni per presentare le domande per chiedere le agevolazioni per la frequenza di asili nido pubblici e privati. L’articolo 1, comma 488, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), ha elevato l’importo del buono a 1500 euro su base annua per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. La domanda deve essere presentata, corredata con la apposita documentazione, nel periodo di tempo ricompreso tra il 28 gennaio 2019 e il 31 dicembre 2019, esclusivamente in via telematica attraverso uno dei seguenti canali:

– WEB – tramite il servizio on line dedicato accessibile direttamente dal cittadino in possesso di un PIN INPS dispositivo, di una identità SPID o di una Carta Nazionale dei Servizi (CNS) per l’accesso ai servizi telematizzati dell’Istituto;

– Contact Center multicanale – chiamando da telefono fisso il numero verde gratuito 803 164 o da telefono cellulare il numero 06 164164, a pagamento in base al piano tariffario del gestore telefonico, se in possesso di PIN;

– Patronati e intermediari dell’Istituto – attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi, anche se non in possesso di PIN.

Telecomunicazioni: accordo quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro

(di Rocchina Staiano Avvocato, Docente all’Università di Teramo e Consigliera di Parità della Provincia di Benevento)

Il 16 gennaio 2019, in Roma presso la Sede di Assotelecomunicazioni-Asstel tra Assotelecomunicazioni-Asstel e SLC CGIL, FISTEL CISL, UILCOM-UIL hanno sottoscritto per i lavoratori del settore telecomunicazioni l’accordo quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro.

Le parti, oltre a confermare le azioni che saranno previste nel prossimo rinnovo del CCNL TLC a tutela delle donne vittime di violenza di genere, si riconoscono e richiamano integralmente i contenuto dell’Accordo Interconfederale del 25 gennaio 2016 che ha recepito l’Accordo delle parti sociali europee del 26 aprile 2007 dal titolo “Accordo quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro”, si impegnano a promuovere e sostenere la diffusione e l’adozione all’interno delle singole aziende della dichiarazione riferita alla non tollerabilità di certi comportamenti (molestie e/o violenza) nei luoghi di lavoro.

Telematizzazione delle domande di congedo per le donne vittime di violenza di genere

(di Rocchina Staiano Avvocato, Docente all’Università di Teramo e Consigliera di Parità della Provincia di Benevento)

L’INPS, con circolare  n. 3 del 25 gennaio 2019 comunica che dal 25 gennaio 2019 si applica il regime telematico per la presentazione delle domande di congedo indennizzato per le donne vittime di violenza di genere. Il congedo indennizzato per le donne vittime di violenza di genere, introdotto dall’articolo 24 del D.Lgs 15 giugno 2015, n. 80, è un congedo retribuito che può essere utilizzato esclusivamente dalle lavoratrici inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere per un periodo massimo di 3 mesi (equivalenti a 90 giornate di prevista attività lavorativa) fruibili nell’arco temporale di tre anni. Tale congedo, inizialmente previsto solo per le lavoratrici dipendenti del settore pubblico e privato, è stato successivamente esteso, con decorrenza 1° gennaio 2017, alle lavoratrici autonome (articolo 1, comma 241, della legge di bilancio 2017) e, con decorrenza 1° gennaio 2018, alle lavoratrici del settore domestico (articolo 1, comma 217, della legge di bilancio 2018).

Nella prima fase di attuazione del processo di telematizzazione è previsto un periodo transitorio fino al 31 marzo 2019, durante il quale tali domande potranno essere presentate sia attraverso la consueta modalità, in formato cartaceo, sia nella modalità telematica. Al termine di tale periodo transitorio, e quindi a decorrere dal 1° aprile 2019, l’impiego del canale telematico diventerà esclusivo.

Bonus asilo nido 2019 e presentazione delle domande dal 28 gennaio 2019

(di Rocchina Staiano Avvocato, Docente all’Università di Teramo e Consigliera di Parità della Provincia di Benevento)

L’art.1, comma 488, della legge n. 145 del 30 dicembre 2018, c.d. Legge di Bilancio 2019, ha elevato l’importo del bonus per la frequenza di asili nido pubblici e privati e di forme di assistenza domiciliare in favore di bambini con meno di tre anni affetti da gravi patologie croniche a 1500 euro su base annua per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.

Dalle 10 del 28 gennaio 2019 sarà attivo il servizio online per richiedere il bonus asilo nido per il 2019.
Il contributo, fino a un importo massimo di 1.500 euro su base annua, può essere corrisposto, previa presentazione della domanda da parte del genitore, a beneficio di bambini nati, adottati o affidati dal 1° gennaio 2016 per contribuire al pagamento delle rette degli asili nido pubblici e privati autorizzati (cosiddetto contributo asilo nido) e in favore dei bambini di età inferiore a tre anni, impossibilitati a frequentare gli asili nido in quanto affetti da gravi patologie croniche, per i quali le famiglie si avvalgono di servizi assistenziali domiciliari.

Per la presentazione della domanda, il richiedente il contributo asilo nido dovrà allegare la documentazione comprovante il pagamento almeno della retta relativa al primo mese di frequenza per cui si richiede il beneficio oppure, nel caso di asili nido pubblici che prevedono il pagamento delle rette posticipato rispetto al periodo di frequenza, la documentazione da cui risulti l’iscrizione.

Per i bambini di età inferiore ai tre anni impossibilitati a frequentare gli asili nido, per la presentazione della domanda, il richiedente dovrà allegare l’attestazione, rilasciata dal pediatra di libera scelta, che attesti l’impossibilità del bambino di frequentare l’asilo nido per l’intero anno solare di riferimento, a causa di una grave patologia cronica.

Incentivi giovani conducenti del settore autotrasporto e legge di bilancio 2019

(di Rocchina Staiano Avvocato, Docente all’Università di Teramo e Consigliera di Parità della Provincia di Benevento)

L’art. 1, commi da 291 a 295, della l. 30 dicembre 2018, n. 145, c.d. Legge di Bilancio 2019, prevede incentivi, per gli anni 2019 e 2020, in favore di giovani conducenti (che non abbiano compiuto i 35 anni d’età) nel settore dell’autotrasporto merci, disponendo, in particolare, il rimborso del 50% delle spese sostenute per il conseguimento della patente e delle abilitazioni professionali per la guida dei veicoli destinati all’esercizio dell’autotrasporto per conto terzi.

Deve trattarsi di personale assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato da imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi attive sul territorio italiano, alle quali spetta una detrazione, ai fini dell’imposta sul reddito delle società, pari ad una quota dei rimborsi erogati ai giovani conducenti per un importo complessivo massimo di 1.500 euro per ciascun periodo d’imposta. Il rimborso è erogato in favore dei giovani conducenti da ciascuna impresa entro sei mesi dalla data di decorrenza del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Nel caso di conducenti già assunti e già inquadrati nelle imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi, il rimborso è erogato da ciascuna impresa entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, purché al momento della richiesta sussistano i requisiti di età e di qualifica previsti per gli aventi diritto.

Le modalità di richiesta e di erogazione del rimborso saranno definite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con apposito provvedimento da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Si prevede che dal rimborso siano esclusi i versamenti corrisposti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il rilascio della patente e delle abilitazioni professionali per la guida dei veicoli destinati all’esercizio dell’attività di autotrasporto di merci per conto di terzi, nonché per le spese relative all’acquisto dei contrassegni telematici richiesti dalla normativa vigente, che restano quindi a carico dei conducenti.

Indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale e Legge di Bilancio 2019

(di Rocchina Staiano Avvocato, Docente all’Università di Teramo e Consigliera di Parità della Provincia di Benevento)

L’art. 1, commi 283 e 284, della l. 30 dicembre 2018, n. 145, c.d. Legge di Bilancio 2019, recano disposizioni concernenti la disciplina dell’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale, regolata dall’art. 1 del d.lgs. 207/1996. L’articolo 1 del D. Lgs. 207/1996 ha previsto, per un periodo transitorio di tre anni (1996-1998), l’erogazione di un indennizzo per la cessazione definitiva dell’attività commerciale a favore degli esercenti specifiche attività commerciali e loro coadiutori che avessero superato determinati limiti di età. Contestualmente fu disposto l’obbligo di versamento, a carico degli iscritti alla Gestione degli esercenti attività commerciali presso l’INPS di un’aliquota contributiva aggiuntiva nella misura dello 0,09%. Successivamente l’articolo 19-ter del D.L. 185/2008, e successive modificazioni, ha concesso l’indennizzo ai soggetti che si trovavano in possesso dei requisiti di cui al D. Lgs. 207/1996 nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2009 e il 31 dicembre 2016, prorogando l’applicazione della relativa aliquota aggiuntiva fino al 31 dicembre 2018. In particolare, si dispone che dal 2019 il richiamato indennizzo venga concesso, nella misura e secondo le modalità previste, ai soggetti che, alla data di presentazione della domanda, abbiano più di 62 anni (se uomini) o più di 57 anni (se donne), e siano stati iscritti, al momento della cessazione dell’attività, per almeno 5 anni, in qualità di titolari o coadiutori, nella Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali presso l’I.N.P.S..

Reddito di cittadinanza e quota cento

(di Rocchina Staiano Avvocato, Docente all’Università di Teramo e Consigliera di Parità della Provincia di Benevento)

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, con comunicato 17 Gennaio 2019, n. 38, rende noto che ha approvato il 17 gennaio 2019 un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e quota 100.

Il decreto prevede introduzione da aprile 2019 del Reddito di cittadinanza (Rdc), che è concepito quale misura di inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro e di contrasto alla povertà, alla diseguaglianza e all’esclusione sociale, volta a favorire la promozione delle condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro e alla formazione. Il Rdc assume la denominazione di Pensione di cittadinanza per i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni, adeguata agli incrementi della speranza di vita. I beneficiari del Rdc e i relativi requisiti reddituali e patrimoniali per accedere al beneficio prevedono il possesso di un ISEE inferiore a 9.360 euro, un valore del patrimonio immobiliare non superiore a 30.000 euro, un valore del patrimonio mobiliare, come definito a fini ISEE, non superiore a una soglia di euro 6.000, accresciuta di euro 2.000 per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di euro 10.000, incrementabile di ulteriori euro 1.000 per ogni figlio successivo al secondo; fermo rimanendo che i predetti massimali sono ulteriormente incrementati di euro 5.000 per ogni componente con disabilità. Un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di 6.000 euro annui moltiplicata per uno specifico parametro della scala di equivalenza. Altre disposizioni riguardano la non disponibilità di autoveicoli, motoveicoli, navi e imbarcazioni da diporto. Viene inoltre prevista la compatibilità del Reddito di cittadinanza con la NASpI e con altre forme di sostegno al reddito. Per la Pensione di cittadinanza, i requisiti di accesso e le regole del beneficio economico sono le medesime del Rdc.

Inoltre, il decreto introduce il diritto alla pensione anticipata, senza alcuna penalizzazione, al raggiungimento di un’età anagrafica di almeno 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni, la cosiddetta “pensione quota 100”. Il ritiro dal lavoro sarà possibile, in prima applicazione, dal primo aprile 2019 per i lavoratori privati che abbiano raggiunto i requisiti indicati entro il 31 dicembre 2018 e dal primo agosto 2019 per i lavoratori pubblici che li abbiano maturati all’entrata in vigore del decreto. Potranno andare, altresì, in pensione dal prossimo primo settembre (inizio dell’anno scolastico) i lavoratori della scuola.

Pensionati che trasferiscono la residenza dall’estero nel mezzogiorno e Legge di Bilancio 2019

(di Rocchina Staiano Avvocato, Docente all’Università di Teramo e Consigliera di Parità della Provincia di Benevento)

L’art. 1, commi 273 e 274, della l. 30 dicembre 2018, n. 145, c.d. Legge di Bilancio 2019, introduce un regime opzionale per le persone fisiche, titolari dei redditi da pensione, che trasferiscono in Italia la propria residenza in uno dei comuni appartenenti al territorio del Mezzogiorno, con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti, ossia quelli situati nelle regioni Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia. Tali soggetti possono optare per l’assoggettamento dei redditi di qualunque categoria, percepiti da fonte estera o prodotti all’estero, ad una imposta sostitutiva, calcolata in via forfettaria, con aliquota del 7 per cento per ciascuno dei periodi di imposta di validità dell’opzione. Il versamento dell’imposta è effettuato in unica soluzione, con scadenza coincidente con il saldo delle imposte dirette.

I contribuenti che esercitano l’opzione sono esonerati dall’obbligo di dichiarazione annuale per gli investimenti e le attività detenute all’estero e sono esenti dall’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE).

L’opzione è revocabile dal contribuente e i suoi effetti cessano laddove venga accertata l’insussistenza dei requisiti e in ogni caso di omesso o parziale versamento dell’imposta sostitutiva nei termini previsti.