Protocollo del 24 marzo 2021 contro il caporalato nel settore food delivery

di Andrea Oregioni (Avvocato iscritto presso Ordine Avvocati di Roma, esperto in materia giuslavoristica e diritto civile e responsabile per ASSOIMPRESE delle province di Como-Sondrio-Varese e Lecco)

Protocollo contro il caporalato nel food delivery

Il 24 marzo 2021, tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e le associazioni sindacali Assodelivery – l’associazione che riunisce alcune delle più importanti piattaforme presenti in Italia – Cgil, Cisl e Uil, rappresentanti dei sindacati indipendenti di rider hanno sottoscritto un Protocollo sperimentale per la legalità contro il caporalato, l’intermediazione illecita e lo sfruttamento lavorativo nel food delivery.

Nel protocollo, le Parti sociali stabiliscono che:

  • le Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente Protocollo si impegnano a raccogliere nella completa riservatezza ogni utile notizia ovvero segnalazione di condotte anomale o comunque potenzialmente illegali in ordine al ricorso a forme illecite di intermediazione di manodopera, sfruttamento e caporalato che saranno trasmesse all’Organismo di Garanzia;
  • entro il termine di sei mesi dalla stipula del Protocollo, le società aderenti ad AssoDelivery si impegnano ad avere o ad adottare Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo (MOGC 231) ai sensi del D. Lgs. 231/2001 e un Codice Etico, che sarà oggetto di informativa alle Parti sindacali firmatarie;
  • Assodelivery e le società da essa rappresentate, procederanno in via transitoria alla creazione di un proprio albo nazionale di società autorizzate o di altro proprio registro di simile natura.
    Nelle more della creazione dell’albo si impegnano a non ricorrere a società terze al fine di proporre la consegna degli ordini attraverso le piattaforme di food delivery con cui operano le società;
  • entro sei mesi dalla stipula del Protocollo, ognuna delle società aderenti ad Assodelivery designerà, nell’ambito dei componenti del proprio Organismo di Vigilanza a livello nazionale costituito ai sensi del D.Lgs. 231/2001, un proprio rappresentante;
  • le Parti si impegnano, dopo il periodo di sperimentazione iniziale di un anno, alla verifica dei risultati conseguiti e dell’attività dell’Organismo di Garanzia, ed eventualmente sottoporre a riesame le norme in esso contenute.

FONDO FON.TE: PROROGA DELL’INVIO DELLA COMUNICAZIONE PERIODICA AL 31 LUGLIO 2021

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

Possono aderire a Fon.Te. tutti i lavoratori assunti a tempo indeterminato, con contratto a tempo pieno o a tempo parziale nonché i lavoratori assunti a tempo determinato ovvero con periodicità stagionale, la cui attività lavorativa abbia durata complessivamente non inferiore a tre mesi nell’anno ai quali viene applicato uno dei seguenti contratti:

  1. CCNL per i dipendenti del Terziario, della distribuzione e dei servizi (CONFCOMMERCIO);
  2. CCNL per i dipendenti da aziende del settore Turismo
  3. CCNL dipendenti da aziende ortofrutticole e agrumarie;
  4. CCNL dipendenti da impianti sportivi;
  5. CCNL dipendenti da istituti di sostentamento del clero;
  6. CCNL dipendenti da istituti di vigilanza privata(stipulato tra ASSVIGILANZA, ASSOVALORE, UNIV e le Organizzazioni sindacali);
  7. CCNL dipendenti da istituti di vigilanza privata(stipulato tra ASSIV e le Organizzazioni sindacali);
  8. CCNL dipendenti da Imprese di pulizie (stipulato tra FNIP/Confcommercio e le Organizzazioni sindacali);
  9. CCNL per i dipendenti da proprietari di fabbricati (stipulato tra CONFEDILIZIA e le Organizzazioni sindacali);
  10. CCNL per i dipendenti da Associazione nazionale Commercio ed Esportazione Fiori.;
  11. CCNL per i dipendenti del Terziario, della distribuzione e dei servizi (CONFESERCENTI)
  12. CCNL  per  personale dipendente dalle realtà del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo;
  13. CCNL  per  i dipendenti da studi professionali;
  14. CCL per  i dipendenti da  Società Canottieri Associazioni Sportive e Ricreative Cremona
  15. CCNL  per  i dipendenti da Federazione nazionale unitaria titolari di farmacia italiani;
  16. CCNL per  i dipendenti da  Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali;
  17. CCNL per  i dipendenti da  Associazione italiana catene alberghiere;
  18. CCNL ARTIGIANI (ad esclusione dell’edilizia);
  19. CCL per i dipendenti da Conferenza Episcopale italiana, Caritas italiana, Fondazione Migrantes, Fondazione Missio e Fondazione Santi Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena;
  20. CCNL per i dipendenti da imprese private operanti nella distribuzione, recapito e dei servizi postali;
  21. CCL per  i dipendenti da  F.C. Internazionale Milano
  22. CCNL per i dipendenti da FRUITIMPRESE
  23. CCL per  i dipendenti da  VIDEOMEDIA S.p.A.
  24. CCNL per i dipendenti da aziende del settore Turismo (CONFESERCENTI) e dipendenti da Federterma
  25. CCNL per i dipendenti da Federfarma
  26. CCNL per i dipendenti da Servizi ausiliari, fiduciari e integrati (S.A.F.I.)
  27. CCNL per i dipendenti area alimentazione-panificazione(imprese non artigiane fino a 15 dipendenti)
  28. CCNL per i dipendenti da agenzie di somministrazione di lavoro (stipulato tra ASSOLAVORO e  le Organizzazioni sindacali)

A causa del Covid-19, il Fondo Fon.Te ha comunicato che l’invio della comunicazione periodica annuale agli aderenti – solitamente fissato al 31 marzo – è stato prorogato al 31 luglio 2021.

La COVIP ( Commissione di Vigilanza sui fondi pensione) di recente ha  emanato  provvedimenti   specifici  in merito alle “Istruzioni di vigilanza in materia di trasparenza” e il “Regolamento sulle modalità di adesione alle forme pensionistiche complementari”. Si tratta di una ulteriore “operazione trasparenza”, che introduce novità in tema di informazioni e comunicazioni trasparenti da parte dei fondi pensione che impattano anche sul contenuto della “Comunicazione periodica” e della “Nota informativa”. Le disposizioni  in materia di comunicazioni agli aderenti e ai beneficiari (compresa la comunicazione periodica agli iscritti) dovranno avere una veste grafica semplificata per consentire ad ogni iscritto di individuare in modo più agevole lo sviluppo della propria posizione previdenziale e di conseguenza di valutare le possibili scelte da operare per proseguire nella costruzione e nella crescita della propria pensione complementare. Lo slittamento al 31 luglio 2021 della data d’invio della Comunicazione Periodica è volto a consentire ai fondi pensione di avere il tempo necessario per finalizzare la nuova documentazione, in linea con le indicazioni fornite dalla Covip.

CONGEDO PARENTALE COVID-19 E D.L. 30/2021

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

L’Inps, con mess. n. 1276 del 25 marzo 2021, ha fornito i primi chiarimenti sull’art. 2, commi 2 e 3, del d.l. 13 marzo 2021, n. 30, che ha introdotto un nuovo congedo, indennizzato al 50% della retribuzione, per i genitori con figli affetti da Covid19, in quarantena da contatto ovvero nei casi in cui l’attività didattica in presenza sia sospesa o i centri diurni assistenziali siano chiusi.

Il congedo in commento spetta:

  1. ai genitori lavoratori dipendenti, alternativamente tra loro (non negli stessi giorni), per figli conviventi minori di anni 14;
  2. ai genitori lavoratori dipendenti per figli con disabilità grave.

Nel primo caso, per poter fruire del congedo di cui trattasi devono sussistere tutti i seguenti requisiti:

  1. il genitore deve avere un rapporto di lavoro dipendente in essere;
    1. il genitore deve svolgere una prestazione lavorativa per la quale non è prevista la possibilità di svolgimento della stessa in modalità agile;
    2. il figlio per il quale si fruisce del congedo deve essere minore di anni 14;
    3. il genitore e il figlio per il quale si fruisce del congedo devono essere conviventi durante tutto il periodo di fruizione del congedo stesso;
    4. deve sussistere una delle seguenti condizioni in relazione al figlio per il quale si fruisce del congedo:
      1. l’infezione da SARS Covid-19;
      2. la quarantena da contatto (ovunque avvenuto) disposta con provvedimento del Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente; 3) la sospensione dell’attività didattica in presenza.

Nel secondo caso, per ottenere il congedo devono sussistere tutti i seguenti requisiti:

  1. il genitore deve avere un rapporto di lavoro dipendente in essere;
    1. il genitore deve svolgere una prestazione lavorativa per la quale non è prevista la possibilità di svolgimento della stessa in modalità agile;
    2. il figlio, per il quale si fruisce del congedo, deve essere riconosciuto disabile in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge n. 104/1992, e iscritto a scuole di ogni ordine e grado o ospitato in centri diurni a carattere assistenziale;
    3. deve sussistere una delle seguenti condizioni in relazione al figlio per il quale si fruisce del congedo:
      1. l’infezione da SARS Covid-19;
      2. la quarantena da contatto (ovunque avvenuto) disposta con provvedimento del Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente;
      3. la sospensione dell’attività didattica in presenza;
      4. la chiusura del centro assistenziale diurno.

Il congedo in argomento può essere fruito per periodi, coincidenti in tutto o in parte, con quelli di infezione da SARS Covid-19, di quarantena da contatto, di sospensione dell’attività didattica in presenza o di chiusura dei centri diurni assistenziali del figlio, ricadenti nell’arco temporale compreso tra il 13 marzo 2021, data di entrata in vigore della norma, e il 30 giugno 2021. Gli eventuali periodi di congedo parentale o di prolungamento di congedo parentale fruiti dal 1° gennaio 2021 e fino al 12 marzo 2021 potranno essere convertiti, senza necessità di annullamento, nel congedo di cui trattasi, solamente presentando domanda telematica del nuovo congedo, non appena sarà adeguata la relativa procedura informatica.

Decreto Sostegno e misure per le imprese

di Giuseppe Sauchella (Avv., Amministratore unico di Sannioeuropa)

Quali misure nel Decreto Sostegno per le imprese?

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 19 marzo 2021, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19.

Si prevede un contributo a fondo perduto per i soggetti titolari di partita IVA che svolgono attività d’impresa, arte o professione, nonché per gli enti non commerciali e del terzo settore, senza più alcuna limitazione settoriale o vincolo di classificazione delle attività economiche interessate. Per tali interventi, lo stanziamento complessivo ammonta a oltre 11 miliardi di euro.

Potranno presentare richiesta per questi sostegni i soggetti che abbiano subito perdite di fatturato, tra il 2019 e il 2020, pari ad almeno il 30 per cento, calcolato sul valore medio mensile. Il nuovo meccanismo ammette le imprese con ricavi fino a 10 milioni di euro, a fronte del precedente limite di 5 milioni di euro.

L’importo del contributo a fondo perduto sarà determinato in percentuale rispetto alla differenza di fatturato rilevata, come segue:

  • 60 per cento per i soggetti con ricavi e compensi non superiori a 100mila euro;
  • 50 per cento per i soggetti con ricavi o compensi da 100 mila a 400mila euro;
  • 40 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 400mila euro e fino a 1 milione di euro;
  • 30 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 1 milione e fino a 5 milioni di euro;
  • 20 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 5 milioni e fino a 10 milioni di euro.

In ogni caso, tale importo non potrà essere inferiore a 1.000 euro per le persone fisiche e a 2.000 euro per gli altri soggetti e non potrà essere superiore a 150mila euro.

Il contributo potrà essere erogato tramite bonifico bancario direttamente sul conto corrente intestato al beneficiario o come credito d’imposta, da utilizzare esclusivamente in compensazione.

Per il sostegno alle attività d’impresa di specifici settori, sono inoltre previsti:

  • un Fondo per il turismo invernale;
  • l’aumento da 1 a 2,5 miliardi dello stanziamento per il Fondo per l’esonero dai contributi previdenziali per autonomi e professionisti;
  • la proroga del periodo di sospensione delle attività dell’agente della riscossione fino al 30 aprile 2021.

Per il sostegno alle imprese, è, inoltre, previsto un intervento diretto a ridurre i costi delle bollette elettriche.

Notifica Pec – Nota a Cass. civ., n. 5646 del 2021

di Corrado Spina (Avv. e prof. a contratto presso l’Università dell’Aquila)

Le questioni e le problematiche sulla notifica Pec: Cass. civ., n. 5646 del 2021

La Corte di Cassazione con Sentenza del 2 marzo 2021 n. 5646 ha stabilito che“La notifica  a mezzo PEC si ha perfeziona con la ricevuta con cui l’operatore attesta di aver rinvenuto la casella Pec del destinatario piena, da considerarsi equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione rappresenta un evento imputabile al destinatario“.

La decisione de quo ci permette di analizzare un argomento molto comune negli ultimi tempi, ovvero la notifica telematica a mezzo Posta Elettronico Certificata.

La notifica telematica è un istituto previsto dalla legge 21 gennaio 1994 n. 53, che ha subito diverse modifiche nel corso degli anni, da ultimo legge 6 agosto 2015 n. 132.

Con tale mezzo è possibile non  recarsi presso l’Ufficiale Giudiziario, che ormai notifica solo in via residuale, con notevole guadagno sia di tempo che economico.

Tuttavia sia il notificante che il destinatario devono possedere un indirizzo di Posta Elettronica Certifica, diventato obbligatorio per tutte le imprese ed i professionisti con il Decreto Legge 18 ottobre 2012 n. 179 convertito in Legge 17 dicembre 2012 n. 221,risultante  da pubblici elenchi.

La notifica si perfeziona, per il notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, così come previsto dall’art. 6 co. 2 del D.P.R. 11 febbraio 2005 n. 68.

Qualora, invece, il messaggio di posta elettronica certificata non risulta consegnabile il gestore comunica al mittente la mancata consegna tramite un avviso, in tal caso la notifica deve essere effettuata in maniera cartacea tramite l’Ufficiale Giudiziario o in proprio, se autorizzato dal Consiglio dell’Ordine.

Inoltre, tale notifica va eseguita mediante deposito in cancelleria, se il destinatario non ha un indirizzo di posta elettronica certificato o nell’ipotesi di mancata consegna del messaggio di PEC per cause imputabili al destinatario.

Il problema si pone se la mancata consegna è dovuta per il non rinnovo della PEC o perché la stessa era piena.

Nel primo caso, fermo restando le sanzioni amministrative che incorrerà il soggetto titolare della Posta Elettronica Certificata di cui al Decreto legge n. 179/2012 e convertito in legge 221/2012, il notificante deve provvedere alla notifica cartacea ex art. 137 e ss. c.p.c. 

In caso di notifica telematica effettuata dall’avvocato, il mancato perfezionamento della stessa per non avere il destinatario reso possibile la ricezione dei messaggi sulla propria casella PEC, pur chiaramente imputabile al destinatario, impone alla parte di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dagli articoli 137 c.p.c  e segg.,  atteso che la notifica trasmessa a mezzo PEC dal difensore si perfeziona unicamente al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna (RAC)” (Cass.17 luglio 2020 n. 15298).

Nel secondo caso, ed è questo il principio della Cassazione, la notifica si intende “per eseguita” (consegnata), equiparando tale risultato alla compiuta giacenza, come si verifica quando a notificare è un operatore delle Poste.

La notificazione di un atto eseguita  a mezzo Pec si ha per perfezionata con la ricevuta con cui l’operatore attesta di aver rinvenuto la casella Pec del destinatario “piena”, da considerarsi equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione della capienza rappresenta un evento imputabile al destinatario (Cass. 23 febbraio 2021 n. 4920).

Pertanto la mancata consegna all’avvocato della comunicazione o notificazione inviatagli a mezzo posta elettronica certificata produce effetti diversi a seconda che egli sia o meno responsabile di tale inconveniente: nel primo caso le notificazioni  saranno eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria; nel secondo, invece,  attraverso l’utilizzo delle forme ordinarie previste dal codice di rito.

È ormai Giurisprudenza costante annoverare tra “le cause imputabili al destinatario”, la mancata comunicazione per saturazione della casella di posta elettronica, avendo affermato che “il mancato buon esito della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale dovuto alla saturazione della casella di posta elettronica del destinatario, legittima l’effettuazione della comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria, ex art. 16 co. 6 del Decreto Legge 179/2012” (Cass. 20 maggio 2019 n. 13532).

La vicenda trae origine da un ricorso in Cassazione di opposizione  allo stato passivo, dichiarato inammissibile perché notificato oltre i termini.

Nella presente fattispecie, la cancelleria del Tribunale aveva provato a notificare a mezzo pec il verbale di stato passivo all’avvocato dei lavoratori, ma constatata la casella piena provvedeva a rinotificare, dopo qualche giorno, l’atto in cancelleria, così come previsto dalla normativa.

Il difensore, avuta conoscenza del deposito, proponeva ricorso in cassazione avendo come riferimento il termine del deposito dell’atto in cancelleria e non della notifica via pec con casella piena.

L’avvocato di controparte eccepiva la intempestività  del ricorso, essendo trascorsi più di trenta giorni dalla data della notifica telematica e la Corte di Cassazione accoglieva questo orientamento, equiparando la casella piena alla avvenuta consegna, facendo decorrere  da tale giorno i termini per l’impugnativa.

Va premesso che ai sensi dell’art. 99 della legge Fallimentare, il Decreto che decide sull’opposizione allo stato passivo “è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre ricorso per cassazione”.

Pertanto la comunicazione effettuata dal cancelliere, mediante Pec, è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in cassazione

Risolto la fattispecie inerente alla notifica, il problema successivo riguarda la decorrenza del “dies a quo”, ovvero se si applica quello della mancata consegna o del successivo deposito in cancelleria. Il dubbio viene superato dalla legge che al comma 8 dell’art. 16 del Decreto Legge 179/2012 stabilisce“Quando non è possibile procedere ai sensi del comma 4 (notifica a mezzo pec) per causa non imputabile al destinatario, nei procedimenti civili si applicano gli artt.  136 e 137  c.p.c “ . Di conseguenza, il dies a quo in caso di  mancata consegna per “Casella Piena”, quando la saturazione della stessa è imputabile al destinatario, decorre dal momento in cui il gestore genera la ricevuta in cui attesta di aver consegnato l’atto. Viceversa, quando non viene prodotta tale attestazione, perché il destinatario non ha la pec o per causa a lui non imputabile, il dies a quo decorre dall’effettiva ricezione dell’atto nelle mani del destinatario, come prevede la normativa vigente. 

Per concludere, i titolari della casella di posta elettronica certificata devono prestare la massima attenzione per la gestione della stessa, in quanto un uso errato può determinare gravi conseguenze processuali, in particolare la tardività delle impugnazioni, nonché la prescrizione  o la decadenza di eventuali azioni.

Mobbing e le conseguenze psicologiche

di Paola Esposito (Psicologa- psicoterapeuta)

La “sofferenza psicologica” del mobbing

Il mobbing si palesa come una condotta aggressiva, sia fisica, sia psicologica rivolta alle persone in ambienti lavorativi.

Il mobbing può essere messo in atto dal datore di lavoro, dal o dai vertici aziendali, dai superiori gerarchici o dai colleghi di lavoro, nei confronti di una o più persone che si trovano dinanzi ad un vissuto di inferiorità psicologica, attraverso comportamenti ripetuti di ostilità, spesso illeciti, vessatori e lesivi della dignità della persona, questi comportamenti sono messi in atto con l’intenzione di provocare danni sia fisici, sia psicologici alla vittima, molto spesso con l’obiettivo di determinarne l’uscita del lavoratore dall’azienda, il mobbing perché sia riconosciuto come un fenomeno discriminatorio deve durare nel tempo.

Oltre a portare il lavoratore al licenziamento, questo fenomeno può essere la causa anche di una forte discriminazione sul lavoro, come ad esempio un trasferimento ad una sede lontana,  mancato riconoscimento di incentivi economici e molestie sessuali.

La grande sofferenza psicologica di un lavoratore soggetto al mobbing, limita fortemente la  capacità di comunicazione. La persona anche quando parla viene interrotta di frequente, le relazioni sociali con i colleghi vengono compromesse e la sua psiche va in contro a disagi che possono provocare stati di:

ansia generalizzata:

  • con sintomi che vanno dal timore del futuro alla difficoltà di concentrazione,
  • dalla stanchezza cronica a sensazioni di svuotamento,
  • dall’insonnia a tremori muscolari;

aumento del livello di stress che porta a sintomi fisici:

  • come mal di testa,
  • tensione del collo,
  • problemi allo stomaco,
  • vissuto di stanchezza;
  • sintomi comportamentali:
  • alimentazione compulsiva,
  • aumento del consumo di alcolici,
  • comportamenti critici verso gli altri,
  • difficoltà a portare a termine specifici compiti;
  • sintomi emozionali:
  • rabbia,
  • pianto frequente,
  • infelicità;
  • sintomi cognitivi:
  • preoccupazione costante,
  • mancanza di creatività,
  • depressione anche grave accompagnata da vissuti di angoscia,
  • di disperazione, solitudine,
  • senso di vuoto.

Lo stress, l’ansia, e la depressione sono connessi a specifici disturbi psicologici, il più grave e più diffuso è il Disturbo post traumatico da stress il quale si manifesta nella persona come conseguenza di una paura intensa, e soprattutto con la presenza di vissuti intensi di impotenza, con ricordi spiacevoli e intrusivi. Il disturbo si riscontra frequentemente nelle situazioni di mobbing, perché uno dei fattori di rischio individuali più gravi è il basso sostegno sociale che percepisce la vittima, molto spesso lasciato sola a vivere questa difficile condizione.

Un’altra variabile importante è la caratteristica di personalità della persona mobbizzata e pertanto una persona con una buona stabilità emotiva, sostenuta da una rete amicale e sociale, con evidenti caratteristiche di creatività riuscirà meglio a gestire una condizione di mobbing, perché le risorse personali rappresenteranno una valida risposta nel contrasto al fenomeno mobbing.

Congedo per i padri lavoratori dipendenti

di Giuseppe Sauchella (Avv., Amministratore unico di Sannioeuropa)

Congedo obbligatorio e facoltativo dei padri lavoratori dipendenti per l’anno 2021

Le modifiche apportate dall’art. 1, comma 363, lettere a) e b), della l. 178/2020, c.d. legge di bilancio 2021, al comma 354 dell’art. 1 della l. 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) comportano:

  • la proroga del congedo obbligatorio e del congedo facoltativo del padre, che costituiscono misure sperimentali introdotte dalla l. 92/2012, anche per le nascite, le adozioni e gli affidamenti avvenuti nell’anno 2021 (1° gennaio – 31 dicembre);
  • l’ampliamento da sette a dieci giorni del congedo obbligatorio dei padri, da fruire, anche in via non continuativa, entro i cinque mesi di vita o dall’ingresso in famiglia o in Italia (in caso, rispettivamente, di adozione/affidamento nazionale o internazionale) del minore.

Fruizione del congedo obbligatorio e facoltativo dei padri in caso di morte perinatale del figlio L’art. 1, comma 25, della l. 178/2020 ha modificato l’art. 4, comma 24, lettera a), della l. 92/2012, aggiungendo dopo le parole “nascita del figlio” le seguenti: “, anche in caso di morte perinatale”. Pertanto, il primo periodo della citata lettera a) risulta così modificato: “Il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, anche in caso di morte perinatale, ha l’obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di […]”. Di conseguenza il congedo può essere fruito, sempre entro i cinque mesi successivi alla nascita del figlio, anche nel caso di:

1) figlio nato morto dal primo giorno della 28° settimana di gestazione (il periodo di cinque mesi entro cui fruire dei giorni di congedo decorre dalla nascita del figlio che in queste situazioni coincide anche con la data di decesso);

2) decesso del figlio nei dieci giorni di vita dello stesso (compreso il giorno della nascita).

Il periodo di cinque mesi entro cui fruire dei giorni di congedo decorre comunque dalla nascita del figlio e non dalla data di decesso. Dalla tutela restano pertanto esclusi i padri i cui figli (nati, adottati o affidati) siano deceduti successivamente al decimo giorno di vita (il giorno della nascita è compreso nel computo).

Infine, per le nascite e le adozioni/affidamenti avvenuti nell’anno 2020, i padri lavoratori dipendenti hanno diritto a sette giorni di congedo obbligatorio (più uno di congedo facoltativo), anche se ricadenti nei primi mesi dell’anno 2021. Anche nei casi di morte perinatale avvenuti nell’anno 2020, con periodo di fruizione totalmente o parzialmente ricadente nell’anno 2021, acquisito il parere favorevole del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, è riconosciuto il diritto a sette giorni di congedo obbligatorio e uno di congedo facoltativo.

Covid-19 e aspetti psicologici

di Paola Esposito (Psicologa- psicoterapeuta)

Quali sono i comportamenti psicologici in risposta alla pandemia?

In questo momento storico, due sono i pensieri prevalenti nelle persone, il primo potremmo definirlo come pensiero catastrofico, il secondo come ottimistico illusorio.

Chi vive il pensiero catastrofico, corre il rischio più di altri di ammalare il proprio corpo e la mente, perché si trova a gestire un vissuto insostenibile, rappresentato da una paura incontrollabile, che può portare anche al suicidio.

A livello individuale chi percepisce questo vissuto presenta segnali preoccupanti come un aumento di irritabilità, insonnia, paure generalizzate o specifiche, tristezza, depressione e numerosi sintomi legati all’ansia, connessi con la percezione di pericolosità diffusa, col sentirsi minacciati da qualcosa che non è identificabile e che potrebbe essere presente ovunque.

Il secondo atteggiamento esplicitato da un ottimismo illusorio spinge a pensare a una condizione di vita del tutto nuova, percepita come una sicura occasione di cambiamenti migliorativi personali e lavorativi, aderendo in questo modo al cosiddetto “pensiero magico”.

Questo tipo di pensiero è animato dalla “vittoria” del principio di realtà sul principio di piacere, la persona tende a credere che il modo come percepisce il mondo, sia una buona rappresentazione del mondo stesso, tutto ciò è influenzato da credenze interne della persona, la quale si fa dirigere da ciò che desidera, ciò che percepisce più appagante, questo atteggiamento si configura all’inizio come il passaggio dal sogno, alla frustrazione, alla traumatica presa di coscienza di realtà.

Entrambe le strategie possono fare oscillare la persona verso comportamenti quali: adesione critica alle fake news, sfiducia sociale, sentimenti ostili verso gli altri ritenuti untori, siano essi conoscenti, colleghi, emarginazione pregiudiziale anche delle persone guarite, inoltre nel tempo approderanno  tutti  inevitabilmente a una condizione di forte frustrazione.

Gli atteggiamenti giusti da tenere in questo momento, possiamo farli risalire a due importanti strategie messe in atto dall’essere umano.

La prima si riferisce alle strategie individuali di gestione del cambiamento che consistono nella scoperta per ogni persona delle proprie doti di resilienza, potenziando il proprio senso di responsabilità etica verso gli altri; oppure approfittare del momento per riflettere sul senso delle cose fatte fino a quel momento e ciò che si desidera fare in futuro e per questo ridisegnare le proprie priorità. Mettendo al centro i propri progetti la salute e il benessere, rispetto a scopi utilitaristici di gratificazione immediata, la persona sceglie di potenziare parte delle sue competenze per affrontare meglio le sue criticità. Ciò a significare che anche se l’individuo si trova in una condizione di pericolo e di incertezza può e deve intravedere strategie di rilancio, percepiti come opportunità di cambiamento personale.

La seconda strategia è collettiva, ponendo al centro il valore delle relazioni informali di parentela, amicizia o conoscenza, fondamentali per promuovere le reti di impegno civico, l’equilibrio fra i tempi di lavoro e quelli privati, l’assunzione di responsabilità nel cercare informazioni attendibili per superare convinzioni sbagliate sulla propria salute e quella degli altri, ed infine la sostenibilità ambientale.

Convid-19 ed agevolazione a casualità sui contratti di somministrazione a termine: Interpello del Ministero del lavoro n. 2 del 2021

di Antonio Pellicanò (dott. e Project Manager)

Interpello del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali n. 2 del 2021

La Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) ha posto un quesito al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in merito alla possibilità di applicare l’art. 8, comma 1, lett. a) del d.l. 104/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. 13 ottobre 2020, n. 126), che – in ragione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 – consente, in deroga all’art. 21 del d.lgs. 81/2015, di prorogare o rinnovare un rapporto di lavoro a tempo determinato, anche in assenza delle causali, previste dall’art. 19, comma 1, del d.lgs. 81/2015, anche ai contratti di lavoro in somministrazione a termine.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha risposto al quesito su-indicato con interpello n. 2 del 3 marzo 2021, il quale ritiene che l’art. 8 della l. 126/2020 sia applicabile anche ai contratti di somministrazione a termine che, in via eccezionale, in considerazione del perdurare della fase emergenziale, potranno essere rinnovati o prorogati oltre i 12 mesi anche in assenza di causali, fermo il rispetto degli altri limiti previsti dalla legge. Sull’argomento, il Ministero de quo, nell’interpello ha ribadito che lo spostamento al 31 marzo 2021 del termine finale per l’esercizio di tale facoltà di rinnovo o proroga senza causale – disposto dall’art. 1, comma 279, della l. n. 178 del 2020 – non riconosce una nuova possibilità di rinnovo o proroga, laddove la stessa sia già stata in precedenza esercitata: infatti l’art. 93, comma 1, del d.l. 34/2020, convertito, con modificazioni, in l. 77/2020 e successivamente modificato dal d.l. 104/2020 e dalla l. 178/2020, espressamente prevede che tale facoltà è utilizzabile “per una sola volta”. Tale interpretazione risulta, peraltro, in linea con la ratio di salvaguardia dei livelli occupazionali propria della normativa emergenziale, posto che la possibilità di prorogare o rinnovare i contratti a termine, anche in somministrazione, già in corso con il regime agevolato dell’assenza delle causali, consente di mantenere lo stato di occupazione dei lavoratori somministrati a termine interessati. Ciò, altresì, con l’obiettivo di evitare il ricorso agli strumenti di sostegno al reddito che sarebbe invece necessario attivare in favore di quei lavoratori cessati, per il periodo occorrente alla loro ricollocazione nel mercato del lavoro.

In sintesi, l’interpello del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali precisa che:

  • se un contratto di lavoro in somministrazione a termine viene rinnovato o prorogato per oltre 12 mesi (sempre nel rispetto dei complessivi 24 mesi) utilizzando per la prima volta l’agevolazione prevista dall’art. 93, comma 1, del d.l. 104/2020, lo stesso potrà essere fatto senza avere l’obbligo di inserire una causale, purché avvenga entro il 31 marzo 2021;
  • se invece il rinnovo o lo proroga della medesima tipologia di contratto sono già avvenute usufruendo dell’agevolazione prevista, si dovrà obbligatoriamente inserire una causale secondo quanto previsto dalla l. 96/2018, c.d. Decreto Dignità.

AGEVOLAZIONI PER ASILO

di Andrea Oregioni (Avvocato iscritto presso Ordine Avvocati di Roma, esperto in materia giuslavoristica e diritto civile e responsabile per ASSOIMPRESE delle province di Como-Sondrio-Varese e Lecco)

L’Inps, con mess. n. 802 del 24 febbraio 2021, ha fornito chiarimenti sulle modalità di presentazione delle domande per il 2021 per le agevolazioni a sostegno del reddito delle famiglie previste dall’art. 1, comma 355, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, il quale prevede:

  • contributo per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici e privati autorizzati;
  • contributo per l’utilizzo di forme di supporto presso la propria abitazione in favore di bambini con meno di tre anni affetti da gravi patologie croniche.

La domanda di contributo per il pagamento delle rette del nido deve essere presentata dal genitore che sostiene l’onere e deve indicare le mensilità relative ai periodi di frequenza scolastica, compresi tra gennaio e dicembre 2021, per le quali si intende ottenere il beneficio. Il contributo viene erogato dietro presentazione della documentazione attestante l’avvenuto pagamento delle singole rette (sono esclusi dal contributo servizi integrativi come ad esempio ludoteche, spazi gioco, pre-scuola, etc.) e non potrà eccedere la spesa sostenuta.

Le ricevute corrispondenti ai pagamenti delle rette non presentate all’atto della domanda devono essere allegate entro la fine del mese di riferimento e, comunque, non oltre il 1° aprile 2022. In ogni caso il rimborso avverrà solo a seguito dell’allegazione della ricevuta di pagamento.

Appello Incidentale tardivo e Pensione di Reversibilità

di Corrado Spina (Avv. e prof. a contratto presso l’Università di Salerno)

Interessante sentenza della Corte di Appello di Salerno del 25 novembre 2020 n. 505 che ci offre lo spunto per analizzare due temi non comuni, l’appello incidentale tardivo ed il diritto dei figli maggiorenni a ricevere la pensione di reversibilità.

Il primo argomento riguarda l’inammissibilità dell’appello principale, al quale consegue la tardività dell’appello incidentale, anche se notificato nei termini previsti per la costituzione del resistente;

il secondo, invece si riferisce all’ipotesi in cui in caso di morte del pensionato, il figlio superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi.

Nella fattispecie di cui all’esame il figlio maggiorenne, convivente con il defunto genitore, adiva l’INPS innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore per farsi riconoscere il diritto alla pensione di reversibilità, essendo inabile al lavoro precedente alla morte del genitore.

Il Tribunale con Sentenza del 22 dicembre 2019, in accoglimento della domanda azionata dal ricorrente nei confronti dell’INPS, dichiarava “l’attore è inabile al 100% e permanentemente a proficuo lavoro sin da epoca antecedente alla morte del genitore “e condannava l’INPS alla refusione delle spese di lite.

Avverso tale provvedimento l’INPS proponeva atto di appello, con il quale deduceva che ai fini dell’invalidità di cui alla legge n. 222/1984, il ricorrente avrebbe dovuto essere inabile al 100% senza possibilità di poter lavorare, mentre nel caso di specie il CTU aveva escluso questa possibilità, per cui il diritto richiesto non poteva essere riconosciuto alla fattispecie in esame.

Instauratosi il contraddittorio, la parte appellata si costituiva chiedendo il rigetto dell’appello e proponeva appello incidentale per la declaratoria del diritto alla prestazione, previo accertamento del “diritto ad essere dichiarato inabile al 100% e nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa sin dalla morte del genitore”, senza tuttavia riproporre la domanda di indennità una tantum ex art. 1 co. 20 Legge n.335/1995, pure azionata in primo grado.

La Corte di Appello di Salerno, con Sentenza del 25 novembre 2020 n. 505, così provvedeva “Dichiara inammissibile l’appello principale ed inefficace quello incidentale”.

Appello incidentale tardivo

La funzione dell’appello incidentale è quella di integrare il contraddittorio nel giudizio d’appello; si vuole consentire all’appellante incidentale di sottoporre al giudice una tesi alternativa sullo stesso tema oggetto di controllo a seguito dell’appello principale.

A tal proposito si ricorda che l’appello incidentale, ex art. 333 c.p.c., deve essere proposto dalla parte appellata, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, tempestivamente depositata in cancelleria.

Inoltre, l’atto contenente l’appello incidentale non deve essere notificato alla controparte, tranne nel caso in cui questa sia rimasta contumace, ex art. 292 c.p.c.

Si ricorda, ancora che la notificazione della sentenza quanto quella dell’impugnazione fanno decorrere il termine breve per il notificante giacché sono entrambe volte ad accelerare il corso del giudizio.

Nella motivazione i giudici di secondo grado affermavano che l’appello incidentale tardivo proposto è processualmente dipendente da quello principale ex art.334 c.p.c., e quindi la sopravvivenza del primo è condizionato alla vitalità del secondo “simul stabunt simul cadent“.

Le impugnazioni incidentali possono essere proposte, in sede di gravame, con la comparsa di risposta tempestivamente depositata, purché risulti rispettato il termine ordinario di trenta giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado, sicché, mentre l’inammissibilità dell’appello principale non priva di efficacia l’appello incidentale che sia stato proposto (oltre che tempestivamente ai sensi dell’art. 343 c.p.c. anche) nei termini per impugnare previsti dagli artt. 325, 326 e 327 c.p.c., un’impugnazione incidentale avanzata quando tali termini siano scaduti non potrebbe mai essere ritenuta “tempestiva”, anche se rispettosa del termine di cui all’art. 343 c.p.c.

Infatti, nel giudizio di appello già instaurato si riduce il tempo a disposizione per proporre un’impugnazione incidentale tempestiva. Si immagini che l’atto di appello venga proposto un mese dopo la pronuncia della sentenza, quindi con largo anticipo rispetto al decorso del termine lungo. L’appellato può a propria volta impugnare costituendosi tempestivamente, 70 giorni più tardi, tuttavia l’appello sarà considerato incidentale tardivo e soggetto alla regola contenuta nell’art. 334  c.p.c. Per evitare che ciò accada, l’appellato deve costituirsi, con appello incidentale, entro 30 giorni dalla notificazione dell’impugnazione principale, secondo i termini perentori di cui all’art. 325 c.p.c.

Nella presente fattispecie, il resistente in primo grado propone appello avverso la sentenza del Tribunale, l’appellato, ricorrente in primo grado, nel costituirsi nei termini di legge propone ricorso incidentale.

La corte di appello dichiarando l’inammissibilità dell’appello principale, seguendo il principio simul stabunt simul cadent, dichiara la tardività dell’appello incidentale, seguendo il principio di cui all’art. 334 co. 2 c.p.c. “se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale (tardiva) perde ogni efficacia”.

Ora esaminiamo cosa accade dopo una sentenza di primo grado:

  1. entrambe le parti impugnano, nei termini, il provvedimento ed il Giudice di secondo grado, riunisce i due procedimenti e, verificato il più vecchio, decide su entrambi nel merito, in quanto ogni ricorso ha una sua azione autonoma;
  2. una parte propone appello e l’altra nel costituirsi, trascorso il tempo per impugnare la sentenza, prospetta un appello incidentale, il quale segue il ricorso principale. Nel senso che quest’ultimo viene deciso alla pari dell’impugnazione principale, mentre perde ogni efficacia e viene considerato tardivo se il primo appello viene dichiarato inammissibile.

Si ricorda una recente sentenza della Cassazione “all’inammissibilità del ricorso principale consegue l’inefficacia ex art. 334 c.p.c. del ricorso incidentale, atteso che per poter essere ugualmente trattato, avrebbe dovuto essere proposto entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza” (Cass. 3 dicembre 2020 n. 27753);

Per concludere, l’appello incidentale, collegato a quello principale, anche se depositato nei termini per la costituzione dell’appellato, ma oltre il termine per l’impugnazione principale, deve essere considerato tardivo, con la conseguenza che se viene dichiarato inammissibile l’appello principale, quello incidentale perde ogni efficacia perché tardivo.

Pensione di Reversibilità

L’art. 13 del Regio Decreto 14 aprile 1939 n. 636 prevedeva “Nel caso di morte del pensionato spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al momento della morte del pensionato, non abbiano superato l’età di 18 anni e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi”. Mentre l’art. 39 del Decreto del Presidente della Repubblica del 26 aprile 1957 n. 818 stabiliva che “si considerano inabili le persone che, per grave infermità  fisica o mentale, si trovino nella assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro”.

Pertanto secondo la legge dell’epoca, il figlio maggiorenne per ricevere la pensione di reversibilità doveva possedere due requisiti alla morte del genitore : essere inabile al lavoro, ovvero  dimostrare di non avere la possibilità concreta, tenuto conto delle condizioni del mercato del lavoro, di dedicarsi ad un’attività lavorativa utile ed idonea a soddisfare, in modo normale e non usurante, le sue primarie esigenze di vita, e di essere a carico dello stesso con il semplice documento di residenza.

Tale principio è stato confermato anche dall’art. 22 della legge 21 luglio 1965 n. 903 che riconosceva il diritto alla pensione di riversibilità anche ai figli maggiorenni purché inabili al lavoro ed a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo. Successivamente vi sono state delle restrizioni, per cui l’art. 8 co. 1 della legge 12 giugno 1984 n. 222 ha stabilito che “si considerano inabili le persone che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovino nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa”.

All’uopo una recente sentenza della Cassazione sostiene che in caso di morte del pensionato, il figlio superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi, laddove il requisito della “vivenza a carico”,  va considerato con particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva, in via continuativa e in misura quanto meno prevalente, al mantenimento del figlio inabile;  (Cass. 13 aprile 2018 n. 9237)

Si ricorda, inoltre, che coloro non possono ricevere la pensione di reversibilità, poiché il defunto genitore non possedeva sufficienti contributi validi ai fini pensionistici, può sempre richiedere la domanda di indennità una tantum ex art. 1 co. 20 Legge n.335/1995, nel caso di specie fu azionata in primo grado, ma non riproposta in appello.

Tale indennità prevede che qualora non sussistano i requisiti assicurativi e contributivi per la pensione ai superstiti in caso di morte dell’assicurato, ai medesimi superstiti, compete una indennità una tantum, pari all’ammontare dell’assegno sociale (460 Euro) moltiplicato per il numero delle annualità di contribuzione accreditata a favore dell’assicurato.

Pertanto, nella presente fattispecie l’INPS non aveva alcun interesse ad impugnare la sentenza, poiché il primo giudice non aveva accolto la domanda, così come proposta, e l’accertamento incidentale non poteva essere accolto, in quanto l’assicurato non aveva contributi sufficienti per la pensione.

In ogni caso è stato modificato il requisito dell’inabilità al lavoro, intesa come assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, indipendentemente dalle inclinazioni e dal contesto socio-economico nel quale è inserito il figlio maggiorenne disabile.

Ci aiuta una recente sentenza della Cassazione, la quale sostiene che “L’inabilità al lavoro rappresenta un presupposto del diritto alla pensione di reversibilità del figlio maggiorenne e, quindi, un elemento costitutivo dell’azione diretta ad ottenerne il riconoscimento, con la conseguenza che la sussistenza di esso deve essere accertata anche d’ufficio dal giudice” (Cass. 15 dicembre 2020 n. 28614).

Per concludere, il diritto del figlio maggiorenne inabile al lavoro a percepire la pensione di reversibilità del defunto genitore si matura solo a seguito di due condizioni: la inabilità al lavoro al 100% certificata al momento del decesso e la vivenza a carico del genitore, nel senso che quest’ultimo provvedeva, in via continuativa, al mantenimento del figlio inabile.

LICENZIAMENTO PER INIDONEITÀ FISICA CASS. CIV., N. 4896 DEL 2021

di Giuseppe Sauchella (Avv., Amministratore unico di Sannioeuropa)

La Corte di Appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta dalla lavoratrice al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato dall’azienda per sopravvenuta inidoneità fisica della lavoratrice (invalidità pari all’80%) allo svolgimento delle mansioni di operaia pulitrice di III livello di cui al CCNL Multiservizi.

Nello specifico, la Corte, dato atto dell’accertata sopravvenuta inidoneità della lavoratrice alle mansioni assegnate di operaia pulitrice all’interno dell’ospedale presso cui la società aveva vinto, congiuntamente ad altra ditta, l’appalto (salvo il disimpegno, peraltro occasionale e residuale del compito di ricezione delle telefonate) nonché dell’assenza di posti vacanti su mansioni compatibili con le condizioni di salute della lavoratrice, ha ritenuto legittimo il licenziamento in considerazione dell’insussistenza di un obbligo del datore di lavoro di modificare la propria organizzazione aziendale o di demansionare o trasferire gli altri dipendenti.

La lavoratrice ha presentato ricorso in Cassazione, i cui giudici, con sentenza, n. 4896 del 23 febbraio 2021 hanno rigettato il ricorso della lavoratrice, ribadendo il principio già affermato da Cass. civ., Sezioni Unite n. 7755 del 1998, secondo cui: la sopravvenuta infermità permanente e la conseguente impossibilità della prestazione lavorativa, quale giustificato motivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato, non è ravvisabile nella sola ineleggibilità dell’attività attualmente svolta dal prestatore, ma può essere esclusa dalla possibilità di altre attività riconducibile – alla stregua di un’interpretazione del contratto secondo buona fede – alle mansioni attualmente assegnate o a quelle equivalenti o, se ciò è impossibile, a mansioni inferiori, purché essa attività sia utilizzabile nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore.

Il giudice di merito deve, dunque, indagare la eventuale sussistenza, nell’ambito della struttura organizzativa assunta dall’impresa, di mansioni che possano eventualmente adattarsi all’inabilità del lavoratore, e può ritenere legittimo il licenziamento non solo a fronte della concreta inesistenza di accorgimenti pratici idonei a rendere utilizzabili le prestazioni lavorative dell’inabile ma altresì accertata l’assoluta impossibilità di affidare allo stesso mansioni equivalenti e mansioni inferiori, tenuto conto – nel bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti – della protezione dei soggetti svantaggiati, dell’interesse del datore di lavoro ad una collocazione del lavoratore inabile nella realtà organizzativa unilateralmente delineata dall’imprenditore stesso e del diritto degli altri lavoratori allo svolgimento di mansioni che si collochino nell’ambito del bagaglio professionale acquisito. Infatti, nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato l’assenza di “posti vacanti compatibili con le minorate condizioni fisiche della lavoratrice”, dando atto che tutti gli altri dipendenti della società erano impiegati in “mansioni di fatica per le quali la lavoratrice era già stata dichiarata inidonea permanente” e che le uniche attività che la lavoratrice era in grado di svolgere (ricezione delle telefonate) erano di carattere occasionale e residuale tali da non consentire una adibizione in maniera esclusiva.

In conclusione, il datore di lavoro ha soddisfatto l’onere imposto dall’art. 5 della legge n. 604 del 1966 di provare il giustificato motivo di licenziamento dimostrando che, nell’ambito dell’organizzazione aziendale e del rispetto delle mansioni assegnate al restante personale in servizio, non vi era alcun accorgimento pratico – a prescindere dall’onere finanziario da assumere – applicabile alla mansione (già assegnata o equivalente ovvero inferiore) svolta dal lavoratore ed appropriato alla disabilità.

Linee guida per il Lavoro Agile nel settore assicurativo

di Antonio Pellicanò (dott. e Project Manager)

Lavoro agile e linee guida sul lavoro agile del 24 febbraio 2021

Il 24 febbraio 2021, tra ANIA e le associazioni sindacali FIRST-CISL, FISAC-CGIL, FNA, SNFIA E UILCA, è stato sottoscritto un accordo contenente le Linee guida per il Lavoro Agile nel settore assicurativo e di assicurazione/assistenza. Tali Linee guida si propongono altresì di favorire – compatibilmente con le esigenze produttive e organizzative del datore di lavoro – l’inclusione, attraverso facilitazioni nell’accesso e nelle modalità di svolgimento, per talune categorie come i lavoratori che hanno situazioni familiari complesse, i lavoratori con figli, i lavoratori disabili e i lavoratori aventi residenza/domicilio molto distante dalla sede di lavoro.

Il Lavoro Agile, la cui definizione e disciplina sono contenuti nella legge n. 81/2017, è una diversa modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato basata sulla gestione flessibile della prestazione sia in ordine ai tempi che ai luoghi nei quali la stessa viene eseguita, sulla volontarietà delle parti, sull’utilizzo di strumenti tecnologici, anche con forme di organizzazione del lavoro per fasi, cicli e obiettivi. In tale contesto la prestazione lavorativa in modalità agile, resa all’esterno dei locali aziendali, si svolge senza una postazione fissa di lavoro, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e/o settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Il Lavoro Agile svolto presso luoghi diversi dalla sede aziendale deve comunque rispondere a requisiti di idoneità, sicurezza e riservatezza.

A fronte della proposta aziendale, l’adesione al Lavoro Agile è su base volontaria ed è subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale, fermo restando il diritto di recesso ivi previsto. Gli accordi individuali dovranno essere coerenti con le presenti Linee guida e con gli accordi aziendali e dovranno rispettare le normative in materia di controllo a distanza e privacy.

Al fine di continuare a favorire l’aggregazione e lo sviluppo del senso di appartenenza aziendale, le Parti convengono che il Lavoro Agile non è la modalità di lavoro esclusiva. Il luogo di svolgimento della prestazione potrà essere la residenza, domicilio o anche altro luogo autonomamente scelto dal lavoratore, purché risponda a requisiti di idoneità, sicurezza e riservatezza.

Nelle giornate di Lavoro Agile la prestazione lavorativa potrà essere collocata in fasce lavorative stabilite dagli accordi aziendali, nel rispetto del work life balance, e sempre nel limite dell’orario di lavoro giornaliero e/o settimanale. Al di fuori dell’orario di lavoro giornaliero e nei casi di assenze c.d. legittime (es. malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie, ecc.), il lavoratore potrà disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non sarà comunque obbligato a prenderle in carico prima della prevista ripresa dell’attività lavorativa.

Ai lavoratori agili si applica la disciplina recata dagli artt. 18, 22 e 23 della l. 81/2017 nonché quella sulla sicurezza e salute dei luoghi di lavoro di cui al D.lgs. 81/2008. Le imprese forniranno ai Rls, nell’ambito dell’informativa annuale di cui all’art. 35 del suddetto decreto legislativo, un’informativa relativa ai rischi generici e ai rischi specifici connessi allo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile e saranno previsti momenti di monitoraggio paritetico con i Rls.

Lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile non modifica il sistema dei diritti e delle libertà sindacali individuali e collettive definiti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Dubbi interpretativi per le imprese sul lavoro agile

Rimane di fondamentale importanza per le imprese la gestione delle risorse umane durante il lavoro agile. L’autonomia nella gestione del luogo e dei tempi di lavoro, in alcuni casi, potrebbe portare a una perdita dei gradi di efficienza ed efficacia operativa.

Uno dei principali problemi all’interno delle organizzazioni è l’allineamento della comunicazione tra diverse funzioni e con esso lo scambio delle informazioni (flussi vitali per la gestione strategica ed evolutiva delle imprese), problema che tende ad amplificarsi nell’operatività in smart working.

Un’altra difficoltà si avrebbe nella dispersione temporale dell’esecuzione lavorativa, in quanto si potrebbe verificare un rallentamento nelle procedure quotidiane dato dall’assenza di coinvolgimento da parte del management e dalla perdita dei ritmi temporali dettati dai turni lavorativi presso l’azienda (l’entrata e l’uscita dal luogo del lavoro scandiscono i ritmi lavorativi nella psiche del lavoratore).

Sarà opportuno che le impresesi adoperino affinché si possa avere un’adeguata gestione delle risorse umane che operano in ambienti esterni a quelli aziendali, in modo da aumentarne il coinvolgimento e con esso la motivazione.

Il Management by Objectives diventa un modello di gestione fondamentale per le aziende che attuano il Lavoro Agile. Ragion per cui, definire gli obiettivi e i tempi entro i quali gli incarichi devono essere portati a termine, con la relativa misurazione, consentirà ai collaboratori di avere una linea temporale definita e precisa assieme aduna adeguata spinta motivazionale.

Il secondo passo da compiere èla suddivisione in team di lavoro. Ciò consentirà la condivisione di un obiettivo comune e quindi l’incremento delle relazioni all’interno delle risorse umane, indipendentemente dal luogo in cui si trovano. Ovviamente, fornire i sistemi tecnologici come una rete condivisa, un accesso da remoto, una piattaforma di riunione virtuale sarà la prerogativa primaria affinché possa svilupparsi quanto definito nell’accordo del 24 febbraio 2021.

Adottare un sistema lavorativo non in presenza incide sul grado di controllo che i manager abitualmente utilizzano, quindi il mancato controllo diretto potrebbe generare smarrimento e l’aumentando dei dubbi sull’operatività dei collaboratori. Per tale motivo, il management dovrà creare un adeguato sentimento di fiducia con il lavoratore, incentivandolo e guidandolo verso l’obiettivo stabilito.

ANF PER I SOGGETTI BENEFICIARI DI CIG

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Univ. Di Teramo e Consigliera di Parità alla Provincia di Benevento)

L’Inps, con mess. n. 833 del 25 febbraio 2021, ha fornito chiarimenti sull’assegno per il nucleo familiare per i lavoratori beneficiari di prestazioni a sostegno del reddito in caso di sospensione e/o riduzione dell’attività produttiva e di indennità di mancato avvio. Nello specifico, l’Inps precisa che la procedura “ANF DIP” dovrà essere seguita anche nei casi di pagamento diretto della prestazione familiare da parte dell’Istituto per i soggetti percettori di trattamenti di CIGO, CIGS, CIGD, ASO, CISOA (impiegati) e IMA.

Ogni lavoratore interessato, pertanto, ove non vi abbia già provveduto, deve inviare tramite l’apposita procedura la richiesta di “ANF DIP” annuale per il periodo che, attualmente, va dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021 e, analogamente, per i periodi precedenti o successivi.

Si ricorda altresì che è necessario presentare, precedentemente all’istanza di “ANF DIP”, la domanda di “Autorizzazione ANF” nei casi previsti, quali ad esempio per i nuclei monoparentali, nei casi di separazione/divorzio o per la maggiorazione dell’ANF nei casi di presenza di componenti inabili nel nucleo familiare, al fine di definire il diritto a maggiorazione della prestazione familiare.

L’importo teoricamente spettante calcolato dall’Inps dovrà essere riparametrato dal datore di lavoro nei modelli “SR41” o “SR43” semplificati, in base alle ore/giornate di trattamento richieste e in pagamento e non dovrà mai superare quello reso nella procedura “ANF DIP”.

PREMIO NASCITA

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Univ. Di Teramo e Consigliera di Parità alla Provincia di Benevento)

L’Inps, con mess. 16 maggio 2019, n. 1874, fornisce informazioni sul premio di 800 euro per la nascita o l’adozione di un minore di cui all’articolo 1, comma 353, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.

A decorrere dal 4 maggio 2017 è stata rilasciata la procedura per la presentazione on line delle domande, che devono essere trasmesse all’Istituto esclusivamente in via telematica.

L’Inps ha recentemente realizzato il servizio “Premio Nascita” versione mobile, che consente la presentazione delle domande tramite dispositivo mobile/tablet.

La versione mobile del servizio consente di:

– presentare le domande di “Premio Nascita” per gli eventi di gravidanza in corso e nascita avvenuta;

– consultare le domande di “Premio Nascita” precedentemente inoltrate all’Istituto mediante i diversi canali previsti.

Il servizio per la presentazione della domanda attraverso dispositivi mobili è rivolto alle sole utenti che intendono richiedere il “Premio Nascita” esclusivamente per i seguenti eventi:

– compimento del 7° mese di gravidanza (ovvero dall’inizio dell’8° mese di gravidanza);

– nascita avvenuta, anche se antecedente all’inizio dell’8° mese di gravidanza.

REGISTRO TUMORI

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

La Camera ha approvato, il 12 marzo 2019, in via definitiva la proposta di legge: Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione. Tale proposta istituisce la Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza già identificati, per ciascuna regione e provincia autonoma, ai sensi del sopracitato D.P.C.M. del 3 marzo 2017 – di attuazione dell’articolo 12, comma 11 del D.L. n. 179/2012 -, per le finalità di:

  • coordinamento, standardizzazione e supervisione dei dati, alimentati direttamente dai flussi dei registri delle regioni e delle province autonome, nonché validazione degli studi epidemiologici derivanti dall’istitzione del referto epidemiologico ai sensi dell’articolo 4;
  • prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, programmazione sanitaria, verifica della qualità delle cure, valutazione dell’assistenza sanitaria;
  • messa in atto di misure di controllo epidemiologico delle malattie oncologiche ed infettive tumore correlate;
  • studio dell’incidenza e della prevalenza delle malattie oncologiche e infettive tumore-correlate, per poterne monitorare la diffusione e l’andamento; sorveglianza epidemiologica per ridurre il rischio di introduzione o reintroduzione di malattie infettive, anche eliminate o sotto controllo; prevenzione primaria e secondaria;
  • studio di morbosità e mortalità per malattie oncologiche e infettive tumore-correlate;
  • semplificazione delle procedure di scambio dati, facilitazione della trasmissione degli stessi e loro tutela; studio e monitoraggio dei fattori di rischio e dei fattori di protezione delle malattie sorvegliate;
  • promozione della ricerca scientifica in ambito oncologico, anche nel campo dei tumori rari; monitoraggio dei fattori di rischio di origine professionale, anche attraverso forme di connessione e di scambio dati con i sistemi informativi esistenti, con particolare riferimento al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) di cui all’articolo 8 del D.Lgs. 81/2008, disciplinato dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 25 maggio 2016, n. 183.
GUIDA PRATICA ALLE NUOVE PENSIONI

REDDITO DI CITTADINANZA E DISABILI

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

GUIDA PRATICA ALLE NUOVE PENSIONI

Il MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI , con Comunicato 14 marzo 2019 rende noto che, in sede di conversione in legge del D.L. 4/2019, che istituisce Reddito di cittadinanza e Quota 100, sono state presentate tre importanti proposte, dal Sottosegretario al Lavoro Claudio Cominardi che, assieme al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con deleghe a Famiglia e Disabilità,Vincenzo Zoccano, per favorire l’accesso al Reddito di cittadinanza e alla Pensione di cittadinanza per le famiglie in cui sono presenti persone con disabilità gravi o persone non autosufficienti.

Le modifiche  mirano a favorire l’accesso alla Pensione di cittadinanza anche nei casi in cui uno o più componenti, pur avendo età inferiore ai 67 anni, siano in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, così come definita ai fini ISEE.

“Accogliamo la richiesta di aiuto di molte famiglie con disabili gravi e persone non autosufficienti. Famiglie nelle quali le oggettive difficoltà si uniscono a condizioni di particolare fragilità”, commenta il Sottosegretario al Lavoro Claudio Cominardi.

PERSONALE SCOLASTICO IN PENSIONE E D.L. 4/2019

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

L’INPS, con comunicato 11 marzo 2019, rende noto che ha predisposto una serie di importanti iniziative organizzative e procedurali per fronteggiare l’eccezionale carico di lavoro generato dalla riforma pensionistica del Decreto Legge 4 del 2019, che affianca una serie di importanti novità già previste dalla Legge di bilancio per l’anno 2019.

In particolare, per il personale scolastico l’Istituto ha avviato, in costante collaborazione col MIUR, attività dedicate di normalizzazione delle posizioni assicurative, con l’ausilio anche di una specifica struttura di progetto nazionale. La proficua collaborazione ha portato, da un lato, alla condivisione di atti di indirizzo adottati dal Ministero per il potenziamento degli strumenti per lo scambio dei dati tra l’Inps e gli Uffici scolastici territoriali e le istituzioni scolastiche e, dall’altro, all’individuazione di una precisa tempistica per le attività di sistemazione dei dati da parte delle Strutture scolastiche per consentire all’INPS la verifica del diritto a pensione e la successiva liquidazione alla decorrenza prestabilita.

Nell’ambito di tale collaborazione, già dal 2018 sono in corso appositi incontri formativi con le Strutture territoriali del Ministero, finalizzati ad agevolare il corretto utilizzo degli applicativi per lo scambio delle informazioni contributive.

In particolare, è destituita di ogni fondamento la notizia secondo cui si rischierebbe uno slittamento dei tempi che potrebbe far «saltare» la finestra d’uscita del 1° settembre 2019 a disposizione del personale scolastico per cui, pur avendo i requisiti quest’anno, di fatto ci si potrebbe pensionare solo nel settembre del 2020: chi ha conseguito il diritto alla pensione anticipata nei termini di legge sarà collocato in pensione dal 1° settembre prossimo.

GUIDA PRATICA ALLE NUOVE PENSIONI

SOTTRAZIONE DI BENI AZIENDALI E CASS. CIV., N. 7064 DEL 2019

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

La Corte di appello di Potenza, confermando la sentenza del Tribunale della medesima sede, ha respinto la domanda di annullamento del licenziamento per giusta causa intimato dall’azienda al lavoratore, addetto a mansioni di sorvegliante della struttura aziendale, per sottrazione dalla pompa di erogazione del distributore interno alla società di carburante caricato, in una tanica di circa 25 litri, sull’autovettura.

La Corte respingeva l’appello proposto dal lavoratore confermando la declaratoria di legittimità del licenziamento all’esito della prova testimoniale espletata avanti al Tribunale (dovendo ritenersi correttamente respinta l’eccezione di decadenza dall’escussione dei testimoni della società sollevata tardivamente dal lavoratore) e ritenuto ricostituito regolarmente il rapporto di lavoro – seppur mediante collocamento in cassa integrazione guadagni ordinaria – a seguito di un precedente licenziamento, dichiarato giudizialmente illegittimo.

Il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione, i quali giudici hanno ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore.

GUIDA PRATICA ALLE NUOVE PENSIONI

SINDROME DI WILLIAMS E PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DAL 4 MARZO 2019

di Rocchina Staiano (Avv., docente all’Università di Teramo e Consigliera effettiva di Parità della Provincia di Benevento)

L’INPS, con comunicato 07 marzo 2019, rende noto che dal 4 marzo 2019 i cittadini con sindrome di Williams, malattia genetica rara, sono valutati dalle commissioni mediche INPS, ai fini di invalidità civile ed handicap, con criteri scientifici e uniformi su tutto il territorio nazionale.

In tale data, infatti, la Commissione Medica Superiore INPS, ha diffuso a tutti i propri Medici una “Comunicazione tecnico-scientifica: la sindrome di Williams.

Aspetti clinici e valutazione medico legale in ambito assistenziale”, redatta in collaborazione con l’Associazione Italiana Sindrome di Williams Onlus, con conclusioni valutative chiare e rigorosamente motivate:

– per i minori, considerato il deficit cognitivo-comportamentale e l’impegno terapeutico – assistenziale che caratterizzano la sindrome, le linee guida prevedono, in ogni caso, il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento per “necessità di assistenza continua per compiere gli atti quotidiani della vita”;

– per gli adulti richiamano a un’attenta valutazione del quadro clinico al fine di riconoscere il diritto all’indennità di accompagnamento quando ne ricorrano i presupposti.

In ogni caso e in ogni età, deve essere riconosciuta la connotazione di gravità di cui all’art. 3, comma 3 della Legge 104/1992.